Imposte

Imu, resta la maggiorazione dello 0,8 per mille anche se non deliberata nel 2021

Risoluzione 8/DF: le aliquote già approvate nel 2020 non vanno espressamente confermate anche per quest’anno

di Dario Aquaro

La mancata approvazione delle aliquote Imu 2021 da parte del Comune comporta la conferma automatica di tutte quelle approvate per il 2020: inclusa l’aliquota maggiorata dell’11,4 per mille. La maggiorazione facoltativa dello 0,8 per mille (la ex addizionale Tasi) doveva infatti essere espressamente deliberata nel 2020 – primo anno di applicazione del nuovo regime Imu attuato dalla legge 160/2019 – ma non c’era alcun obbligo di confermarla per il 2021. Lo chiarisce la risoluzione 8/DF del Dipartimento delle Finanze pubblicata martedì 21 settembre.

La questione è stata posta da un Comune che con delibera consiliare ha ininterrottamente confermato la maggiorazione Tasi dello 0,8 per mille per gli anni dal 2015 al 2019, portando così l’aliquota Imu al massimo dell’11,4 per mille. E che nel 2020 ha poi deliberato di voler mantenere tale incremento, che nel frattempo la legge 160/2019 (legge di Bilancio 2020) aveva “trasformato”.

Secondo le nuove norme per il 2020, infatti, i Comuni che avevano applicato la maggiorazione del tributo per i servizi indivisibili (Tasi) potevano continuare ad aumentare l’aliquota massima Imu (10,6 per mille), per gli immobili non esentati, «nella stessa misura applicata per l’anno 2015 e confermata fino all’anno 2019». Gli stessi Comuni «negli anni successivi possono solo ridurre la maggiorazione di cui al presente comma, restando esclusa ogni possibilità di variazione in aumento».

Delibera necessaria solo nel 2020
La risoluzione 8/DF precisa ora che, dalla lettura della norma (articolo 1, comma 755, della legge 160/2019), si evince come la richiesta di una «espressa deliberazione del consiglio comunale» – pubblicata sul sito del Dipartimento delle Finanze – fosse riferita all’anno 2020, cioè il primo anno di applicazione del nuovo regime Imu.

La volontà di confermare l’ex addizionale Tasi, insomma, non andava ripetuta nel 2021. Perché una volta superato l’anno di transizione tra i due regimi (il 2020), la maggiorazione «diventa a tutti gli effetti un’aliquota Imu con il medesimo regime giuridico delle altre aliquote». Il legislatore – precisano le Finanze – «ha inteso condizionare la permanenza dell’applicazione della suddetta maggiorazione (...) a una espressione esplicita di tale volontà. Ciò, però, non attraverso l’imposizione di una condizione a regime, bensì con una clausola volta a regolare, per l’appunto, solo la fase transitoria, vale a dire l’anno 2020».

Ha dunque ragione il Comune che nel 2021 non ha adottato alcuna delibera in materia di aliquote Imu, proprio nel presupposto «che tale comportamento determini la conferma tacita di tutte le aliquote Imu già approvate» per l’anno 2020.

Dove si applica l’ex addizionale Tasi
La scelta di portare l’aliquota massima Imu oltre il 10,6 per mille “ordinario” – ricordiamo – è stata fatta in 18 città capoluogo. In particolare, a Roma, Milano, Ascoli, Brescia, Brindisi, Matera, Modena, Potenza, Rieti, Savona e Verona l’aliquota è all’11,4 per mille. A Macerata all’11,3 per mille; a Terni e Siena all’11,2 per mille; a Lecce, Massa e Venezia all’11 per mille; e ad Agrigento al 10,9 per mille.


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