Imposte

Imu, Tari e Tosap: groviglio di regole per trovare lo sconto

Per frenare le richieste di aumentare il fondo da 3 miliardi ai Comuni il governo evita la sospensione per legge

di Pasquale Mirto e Gianni Trovati

Rispetto alle intenzioni fatte filtrare dal governo nel lungo periodo di gestazione del decreto anticrisi, il provvedimento approvato dal consiglio dei ministri di mercoledì ha scelto una strada “minimalista” sui tributi locali. L’idea iniziale di una moratoria generalizzata su sanzioni e interessi per Imu, Tari e per le altre entrate comunali è stata accantonata anche per non accentuare la pressione, già alta, dei sindaci per integrare i 3 miliardi messi dal decretone per curare le ferite inferte dalla crisi ai bilanci locali. Gli interventi statali sono quindi ridotti al minimo. Ai singoli enti è lasciata però un’ampia autonomia di intervento: a patto di sapersi districare fra i problemi finanziari e gli intralci normativi che caratterizzano una materia sempre più caotica.

Imu
Sull’acconto Imu del 16 giugno, che vale circa 10 miliardi, il governo si limita a cancellare la rata per alberghi e strutture turistiche solo quando proprietario e gestore coincidono. Valore della misura: 203 milioni. E il resto? Tocca ai Comuni, che possono spostare la rata anche se è fissata dalla legge. Perché la legge (comma 777 della manovra 2020) contempla anche l’ipotesi di proroghe locali «in situazioni particolari». E un un blocco economico da pandemia lo è. Facile, no? Fino a un certo punto. Perché la norma dà ai regolamenti locali la possibilità di prevedere la proroga. Se il regolamento non lo prevede, può intervenire una delibera da approvare in consiglio comunale. Altrimenti basta la giunta. Che si deve però rivolgere al consiglio se preferisce una sospensione temporanea di interessi e sanzioni. Tutto chiaro? Speriamo.

Sulo pubblico
Negli grovigli normativi del fisco locale finisce per inciampare lo stesso legislatore. Sta accadendo con gli sconti sulla tassa e sul canone per il suolo pubblico necessario a bar, ristoranti e locali pubblici in genere per rispettare il distanziamento sociale. L’intenzione è buona ma il testo (articolo 187-bis nelle bozze circolate fin qui) lo è meno. Già l’inizio è sfortunato, perché richiama una norma inesistente: l’articolo 1, comma 3-quater del Dl 162/2019. Probabilmente il riferimento voleva puntare all’articolo 4 dello stesso Dl, scritto per correggere l’abolizione integrale della Tosap “sfuggita” al governo nell’ultima manovra. Ma questo è solo l’inizio. La bozza esonera tutte le occupazioni di suolo pubblico, e non solo quelle extra, «fino al 31 ottobre 2020». A partire da quando? Nel silenzio del testo, si dovrebbe risalire al 1° gennaio 2020: ipotesi che comporterebbe il diritto al rimborso delle tasse o dei canoni già pagati, e una pioggia di contenziosi con i Comuni. Visto che la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale ritarda, sarà utile sfruttare questi tempi supplementari anche per rivedere il comma 2: che si occupa (finalmente) degli ampliamenti delle superfici già concesse, prevede una semplificazione della domanda (esente anche da imposta di bollo) ma non specifica se questi spazi extra sono esenti dalla Tosap/Cosap. Proprio questo è l’obiettivo della norma: ma nel fisco valgono i testi, non le dichiarazioni.

Tari
Sulla tariffa rifiuti il decretone tace, nonostante la richiesta di Arera di finanziare con almeno 400 milioni gli sconti previsti per le attività commerciali bloccate dal lockdown. La stessa Autorità, che disciplina il metodo tariffario, ha infatti introdotto una regola che impone di ridurre la quota variabile in proporzione ai giorni di chiusura imposti per legge e suggerisce sconti analoghi per chi ha chiuso per scelta e non per obbligo. Nel primo caso i Comuni dovrebbero individuare il periodo di chiusura utenza per utenza (come?), nel secondo sarebbero gli utenti ad autocertificare il tutto. Ma senza fondi aggiuntivi gli sconti rischiano di aumentare le bollette degli altri utenti, per garantire la «copertura integrale dei costi» imposta dalle regole.

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