Imu-Tasi, così la ripartizione delle spese tra i detentori dello stesso immobile
In vista della scadenza del 18 giugno (cadendo il 16 giugno di sabato), relativa al pagamento dell’acconto Imu/Tasi 2018, si ripropongono le criticità della Tasi, rappresentate dall’inquadramento della figura del detentore, che costituisce la principale peculiarità del nuovo tributo.
Diversamente dall’Imu, infatti, che è un tributo esclusivamente patrimoniale, nella Tasi trova applicazione una piccola porzione dedicata all’utilizzatore dell’immobile. Detta quota può variare dal 10% al 30% dell’imposta complessiva, sulla base di quanto deliberato dal Comune. In assenza di delibera, si presume per legge la quota minima del 10%. Sebbene si tratti generalmente di importi non elevati, sono numerose le difficoltà di ordine interpretativo che tale innesto legislativo comporta. A cominciare dalla definizione di legge, riferita genericamente ai soggetti che possiedono o detengono, a qualsiasi titolo, gli immobili soggetti a imposta. Si tratta quindi di una situazione di mero fatto, a monte della quale potrebbero esserci anche delle semplici intese verbali. La platea dei soggetti potenzialmente interessata appare quindi molto ampia e comprende in ogni caso inquilini e comodatari.
Un’altra questione riguarda la possibilità di configurare come detentore anche il comproprietario, qualora questi utilizzi per intero l’immobile, dunque oltre la quota corrispondente al suo diritto di proprietà. Si pensi al caso semplice di un immobile in comproprietà di due fratelli, uno solo dei quali utilizza il bene. In linea teorica, anche in questo caso il fratello utilizzatore dovrebbe considerarsi detentore, con riferimento alla porzione di immobile eccedente la sua quota di proprietà. Tra gli operatori, tuttavia, è prevalsa la tesi opposta, valorizzando il fatto che la figura del detentore, alla luce della previsione recata nell’articolo 1, comma 673, legge n. 147/13, appare nettamente contrapposta a quella del titolare (proprietario o altro titolare di diritto reale di godimento) dell’unità immobiliare. Va detto che tale impostazione risulta alla fine preferibile soprattutto per ragioni di semplicità operativa, piuttosto che sotto il profilo squisitamente giuridico.
Un’altra questione controversa riguarda il caso, anch’esso frequente, in cui il detentore abbia in uso una porzione, anche piccola, dell’unità immobiliare, poiché concorre con questi l’utilizzo da parte del proprietario. Si ipotizzi che il proprietario di casa affitti solo una stanza dell’appartamento, riservandosi l’uso per la restante parte di esso. O ancora, si immagini un vasto immobile a destinazione ufficio che la società proprietaria concede in locazione ad altre imprese, magari dello stesso gruppo, conservando per sé tuttavia l’uso per una quota più o meno consistente del fabbricato. In questi casi, come deve essere determinata la quota del detentore? È chiaro che quanto più la porzione di fabbricato data in uso a terzi è piccola tanto più emerge la criticità insita nel calcolo della quota piena del detentore.
Al riguardo, sono in astratto possibili due alternative interpretative, del tutto opposte: a) si ritiene che la soggettività del detentore presupponga sempre e comunque la disponibilità dell’intera unità immobiliare oppure b) si afferma la debenza del tributo ogniqualvolta sia configurabile una situazione di utilizzo del bene, totale o parziale che sia. Stante la genericità della formulazione legislativa, si è dell’avviso che la risposta corretta sia la seconda. In particolare, dovrebbe argomentarsi che la detenzione parziale dell’immobile è idonea a generare il presupposto applicativo della Tasi, alla pari di quanto accade in presenza di fabbricato affittato ad esempio a più inquilini, nel quale non concorra l’utilizzo del proprietario. D’altro canto, è evidente che non si può procedere ad una parcellizzazione della base imponibile non prevista dalla legge. La questione potrebbe tuttavia presentare profili di dubbia compatibilità con il principio di capacità contributiva, ex articolo 53 della Costituzione.
Va inoltre ricordato che tra detentori sussiste solidarietà nel versamento dell’imposta. Questo significa che se il pagamento è omesso o insufficiente, il Comune può rivolgersi indifferentemente a uno qualsiasi dei detentori per richiedere l’intero importo dovuto. Non è invece possibile porre a carico degli utilizzatori l’imposta non versata dai proprietari e viceversa. In ragione di tale solidarietà, il pagamento della Tasi può anche essere fatto per intero da uno qualsiasi degli occupanti, con modello F24 intestato a tale soggetto. Sempre in presenza di una pluralità dei detentori, si pone il problema di come ripartire il carico tra ognuno di essi, fermo restando la coobbligazione solidale nei riguardi del comune e dunque la valenza meramente interna di tali accordi di ripartizione. Il criterio più diffuso e ragionevole è quello dei metri quadrati. Ciascun occupante dunque potrebbe essere chiamato alla contribuzione Tasi sulla base della estensione della porzione di locale in uso.
Il detentore che utilizza l’immobile come sua abitazione principale, e quindi risiede anagraficamente e dimora abitualmente nella casa in locazione, è esente da Tasi.
Da ultimo, va altresì ricordato che, secondo quanto precisato dal Dipartimento delle politiche fiscali a Telefisco 2018, i Comuni potrebbero anche deliberare il totale azzeramento della quota del detentore. Ne consegue che prima di effettuare il pagamento dell’acconto 2018 converrà esaminare le delibere locali adottate per l’anno in corso, al fine di evitare di pagare somme che potrebbero rivelarsi successivamente del tutto indebite.