In pensione a «quota 100» solo con 62 anni di età e 38 di contributi
Una pensione di anzianità a quota 100 con un doppio vincolo: 62 anni di età anagrafica e 38 di contribuzione. Sarebbe quella che dovrebbe scattare nel 2019 sulla base dell’ultima ipotesi alla quale starebbero lavorando i tecnici del Governo dopo il varo della Nota di aggiornamento al Def (Nadef) con cui è stata posizionata l’asticella dell’indebitamento (2,4% l’anno per i prossimi tre anni, pari a 14,4 miliardi in più rispetto alla soglia dell’1,6%). Allo studio c’è anche il congelamento per le uscite anticipate dell’adeguamento di 5 mesi già previsto a partire da gennaio in virtù dell’aumento della speranza di vita.
Sembra dunque svanita l’opzione dei 36 anni di contribuzione con 64 anni di età. Con lo “schema” attualmente all’esame degli esperti dell’esecutivo nel 2019 quota 100 sarebbe utilizzabile soltanto dai lavoratori in possesso di 62 anni di età e 38 anni di versamenti. Con un’età anagrafica più elevata la “quota” salirebbe per effetto della soglia dei 38 anni di contribuzione: 101 con 63 anni, 102 con 64 anni fino ad arrivare a quota 107 per chi dovesse compiere 66 anni ed avere effettuato 41 anni di versamenti.
L’accesso alla pensione prima dei 62 anni sarebbe garantito ai lavoratori precoci con 41 anni di contribuzione e a chi ha maturato 42 anni e 10 mesi di contributi (41 e 10 mesi per le donne) utilizzando lo stop all’aumento dell’aspettativa di vita per la pensione anticipata previsto nel 2019. In ogni caso non verrebbe bloccato l’adegumanto automatico all’aspettativa per le pensioni di vecchiaia.
Il costo complessivo dell’operazione sarebbe di circa 8 miliardi il prossimo anno per poi salire a 9 miliardi l’anno successivo. Da sciogliere il nodo dei paletti da introdurre per limitare a non più di 420mila i nuovi pensionamenti. Oltre ai due limiti anagrafici e contributivi si partirebbe dal vincolo di almeno 2 o 3 anni di contribuzione figurativa. Avrebbe invece perso quota con il trascorrere dei giorni l’idea di penalizzare i trattamenti dell’1,5% per ogni anno di anticipo fino a un massimo di 5 anni (i tecnici avevano addirittura proposto un penalty del 3,8% subito bloccato dalla Lega).
Persone vicine al dossier starebbero anche valutando un divieto di cumulo fino al compimento dei 67 anni, come oggi previsto per i gravosi e gli usuranti, un modo in più per tentare di centrare l’obiettivo di «liberare il mercato del lavoro e far posto ai giovani» indicato dalla maggioranza. Probabile anche la proroga dell’opzione donna con l’anticipo per l’accesso alla pensione a fronte del ricalcolo interamente contributivo per gli anni di lavoro.
Un pacchetto su cui non mancano le perplessità. A cominciare dalla Commissione Ue chiamata a valutare la crescita della spesa pensionistica non superi un certo livello di impatto sul debito pubblico fissato dagli indicatori di rischiosità S1 e S2. Critico anche il presidente dell’Inps, Tito Boeri. «C'è una grande iniquità nelle scelte del governo sulle pensioni e questo è un pericolo molto serio», ha detto Boeri aggiungendo: «Come giudicare un governo che si pone l’obiettivo esplicito di aumentare di mezzo milione i pensionati? È un esecutivo non previdente. Si dice che questo servirà a liberare posti di lavoro per i giovani, ma - ha proseguito il presidente dell’Inps da Torino per le celebrazioni dei 120 anni dell’istituto - non c’è nessuna garanzia che questo avvenga. Le imprese di fronte all’incertezza tenderanno a ridurre gli organici e tenderanno a gestire così gli esuberi».