Finanza

Industria 4.0, i fondi Pnrr mettono a rischio il cumulo

Rischio cortocircuito in virtù dei regolamenti Ue se il credito investimenti sarà finanziato con il Pnrr

di Roberto Lenzi

Il cumulo del credito d’imposta per investimenti in beni strumentali 4.0 con le altre agevolazioni può essere messo a rischio dai fondi del Pnrr. Se confermato che il credito di imposta per investimenti, previsto dall’ultima legge di Bilancio, verrà finanziato anche con i fondi del Pnrr, il rischio diventa certezza. Questo almeno per le agevolazioni che saranno cofinanziate da questi fondi.

Le regole europee

Tutto nasce dal fatto che il regolamento Ue 2021/241 vieta di finanziare due volte la stessa spesa nell’ambito del dispositivo e di altri programmi dell’Unione. L’articolo 9 del regolamento Ue 2021/241 del 12 febbraio 2021, dal titolo «Addizionalità e finanziamento complementare», puntualizza in maniera molto chiara che «il sostegno nell’ambito del dispositivo si aggiunge al sostegno fornito nell’ambito di altri programmi e strumenti dell’Unione. I progetti di riforma e di investimento possono essere sostenuti da altri programmi e strumenti dell’Unione, a condizione che tale sostegno non copra lo stesso costo».

Questo lascerebbe margine di dubbi sulla cumulabilità con altre misure del Pnrr, ma nei “considerando” iniziali si legge: «Per garantire un’assegnazione efficiente e coerente dei fondi e il rispetto del principio della sana gestione finanziaria, le azioni intraprese a norma del presente regolamento dovrebbero essere coerenti e complementari ai programmi dell’Unione in corso, evitando però di finanziare due volte la stessa spesa nell’ambito del dispositivo e di altri programmi dell’Unione. In particolare, la Commissione e lo Stato membro dovrebbero garantire in ogni fase del processo un coordinamento efficace volto a salvaguardare la coesione, la coerenza, la complementarità e la sinergia tra le fonti di finanziamento».

C’è, quindi, una discrepanza tra il passaggio previsto dall’articolo 9, il quale sembra riferirsi solo al cumulo con agevolazioni diverse, e quanto previsto dalle premesse, le quali vogliono invece evitare di finanziare due volte la stessa spesa anche nell’ambito dello stesso dispositivo, oltre che di altri programmi.

Per le agevolazioni non è prevista più solamente una distinzione tra aiuti di Stato, aiuti in deroga (de-minimis e temporary framework) e aiuti che riguardano la generalità delle imprese ma, per la possibilità di cumulo, ora le imprese devono anche valutare se i contributi che ricevono per gli investimenti attingono o meno al Pnrr. Se la risposta è affermativa, rischiano di dover scegliere tra gli uni e gli altri.

Il cumulo prima del Pnrr

Sulla possibilità di cumulo si è espresso l’articolo 1, comma 1059 della legge 178/2020, la legge di Bilancio 2021, stabilendo che «il credito d’imposta è cumulabile con altre agevolazioni che abbiano ad oggetto i medesimi costi, a condizione che tale cumulo, tenuto conto anche della non concorrenza alla formazione del reddito e della base imponibile dell’imposta regionale sulle attività produttive di cui al periodo precedente, non porti al superamento del costo sostenuto». Il cumulo è possibile se non c’è un divieto specifico, divieto che sembra emergere nel regolamento Ue n. 2021/241 quando sono in ballo i fondi del Pnrr, dove specifica: «Evitando però di finanziare due volte la stessa spesa nell’ambito del dispositivo e di altri programmi dell’Unione».

I primi bandi aperti con il cofinanziamento del Pnrr specificano che i finanziamenti «non sono cumulabili, con riferimento ai medesimi costi, con altre forme di sostegno anche derivanti da altri programmi e strumenti dell’Unione europea, sotto qualsiasi forma e da qualunque soggetto erogati». Questo poiché deve risultare «la conformità dell’utilizzo del finanziamento e del relativo cofinanziamento all’assenza della fattispecie del cosiddetto doppio finanziamento (ossia il rispetto del divieto di doppia copertura dei medesimi costi), secondo quanto previsto dall’articolo 9 del regolamento Ue 2021/241». L’attenzione si sposta, quindi, sul credito di imposta concesso dal Piano transizione 4.0 e da dove questo attingerà le risorse.

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