Controlli e liti

Inps riduce anche per il passato le sanzioni per omesso versamento

In base al decreto Lavoro oscilleranno tra 1,5 e 4 volte la somma omessa. Addio alle penalità da 10mila a 50mila euro applicabili anche a valori minimi

di Giuseppe Maccarone e Tonino Morina

L’Inps detta le regole per le nuove sanzioni in caso di omesso versamento delle ritenute previdenziali operate sulle retribuzioni dei dipendenti. Con il messaggio 1931/2023, l’istituto previdenziale fornisce chiarimenti a seguito delle novità introdotte dall’articolo 23 del decreto legge 48/2023 (decreto Lavoro), che ha modificato l’articolo 2, comma 1–bis, del decreto legge 463/1983, in relazione alle sanzioni previste in caso di omesso versamento delle ritenute previdenziali.

La modifica apportata ha disposto la sostituzione, nel comma 1–bis, delle parole «da euro 10.000 a euro 50.000» con le parole «da una volta e mezza a quattro volte l’importo omesso». Pertanto, il nuovo comma 1–bis, secondo periodo, stabilisce che, nei casi di omesso versamento delle ritenute previdenziali e assistenziali, per un importo non superiore a 10mila euro annui, è applicabile la sanzione da una volta e mezza a quattro volte la somma non versata. Il datore di lavoro non è punibile, né assoggettabile alla sanzione, quando provvede al versamento delle ritenute entro tre mesi dalla contestazione o dalla notifica dell’avvenuto accertamento della violazione.

Con il decreto Lavoro sono state cancellate le esagerate sanzioni da 10mila a 50mila euro. La stranezza è che, finora, anche a fronte di poche decine di euro di versamento omesso o eseguito in ritardo, l’Inps ha chiesto il pagamento di una sanzione di 17mila euro (50mila euro, riducibile a 17mila euro). Ed è quello che è capitato a molti contribuenti i quali, avendo omesso o pagato in ritardo le ritenute previdenziali e assistenziali, anche se di pochi euro, si sono visti recapitare ordinanze ingiunzioni con richiesta di sanzioni per 17mila euro, per ogni anno.

A seguito delle contestazioni dei contribuenti, con il messaggio 3516/2022, l’Inps ha ridotto in parte le sanzioni, rimodulando l’importo da pagare, consentendo l’applicazione del minimo di 10mila euro (invece di 17mila euro), con possibilità di ulteriore riduzione alla metà, cioè a 5mila euro. La conseguenza è che, ad esempio, nel caso di un contribuente che, per sei anni ha omesso o pagato dopo i termini versamenti di 50 euro per ogni anno, l’Inps ha applicato la sanzione di 10mila euro per ogni anno, in totale 60mila euro, con possibilità di ulteriore riduzione alla metà, cioè a 30mila euro (5mila euro per sei).

Il mini-ravvedimento dell’Inps, tuttavia, non era certo sufficiente ed era quindi indispensabile l’intervento del legislatore per porre rimedio a una simile sproporzione.

Il legislatore è intervenuto, modificando la norma e stabilendo che l'omesso pagamento delle ritenute sarà punito con una sanzione da una volta e mezza a quattro volte l'importo omesso. Nel messaggio 1931/2023, al paragrafo 3, sono dettati i criteri di calcolo della nuova sanzione, che è applicabile anche retroattivamente. L’istituto previdenziale precisa, infatti, che la natura punitiva della sanzione prevista dalla norma, conformemente agli articoli 3 e 25 della Costituzione, alla Corte europea per i diritti dell’uomo e all’interpretazione fornita dalla Corte costituzionale in ordine a fattispecie analoghe (sentenze 63/2019 e 193/2016) rende sostenibile un’equiparazione della sanzione amministrativa a quella penale, con conseguente applicazione del principio di retroattività in “bonam partem”.

Di conseguenza, si potrà procedere direttamente all’irrogazione della sanzione come rimodulata dal decreto legge 48/2023, restando validi i procedimenti di notifica degli accertamenti e delle ordinanze–ingiunzioni, già posti in essere dall’Inps. Vale cioè il principio del favor rei (articolo 3, comma 3, del Dlgs 472/1997), in base al quale, se la legge in vigore al momento in cui è stata commessa la violazione e quelle posteriori stabiliscono sanzioni di entità diversa, si applica la legge più favorevole, salvo che il provvedimento di irrogazione sia divenuto definitivo.

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