Imposte

Interessi e spese da recupero crediti fuori campo Iva

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di Matteo Balzanelli e Massimo Sirri

Le somme addebitate al cliente a titolo d’interessi moratori e di spese per il recupero del credito sono escluse da Iva perché hanno finalità risarcitorie. E questo anche nell’ipotesi in cui sia stato affidato l’incarico per il recupero dei crediti di difficile esigibilità a un soggetto terzo. Nella risposta a interpello n. 74 di ieri delle Entrate viene poi confermato che è il corrispettivo contrattuale dovuto dal creditore all’incaricato per il recupero del credito che deve essere assoggettato all’imposta.

Nel caso proposto, la società Alfa ha affidato l’incarico per il recupero dei crediti in “sofferenza” a Beta. A seguito dell’attività di quest’ultima, Alfa riesce a ottenere dal debitore una somma che comprende, oltre al credito originario, gli interessi moratori e le spese di recupero del credito.

Le Entrate confermano a questo punto che l’esclusione dal computo della base imponibile Iva di quanto incassato in eccesso rispetto al credito iniziale deriva dall’esistenza di un risarcimento in senso proprio, dovuto a ritardi o inadempimento di obblighi contrattuali (risoluzione n. 73/E del 2005) e che tali somme non costituiscono il corrispettivo di una prestazione di servizio o di una cessione di un bene, ma assolvono una funzione punitivo-risarcitoria (risoluzione n. 64/E del 2004). Nel caso analizzato, tale funzione risulta chiaramente dalla previsione di una clausola risolutiva espressa che scatta con l’inadempimento del cliente (tra cui il mancato pagamento nei termini concordati) e che prevede l’applicazione di una penale con possibilità di richiedere il risarcimento «di ogni danno ulteriore».

L’esclusione dall’Iva delle somme incassate in aggiunta al credito originario discende dal fatto che queste non costituiscono una maggiorazione del prezzo bensì un risarcimento del danno causato dall’inadempimento del cessionario/committente.

Va a questo punto ricordato che, trattandosi di corrispettivi esclusi dalla base imponibile ai sensi dell’articolo 15 del Dpr 633/1972, non è necessaria l’emissione della fattura. Ma qualora, per esigenze interne o per qualsiasi altro motivo, si opti comunque per l’emissione del documento, questo deve rispettare le regole ordinarie e pertanto, in ipotesi di controparti residenti o stabilite in Italia, si deve procedere con la redazione di una fattura elettronica, da trasmettere con le modalità e nel rispetto delle tempistiche previste dalla legge. Se l’importo addebitato è superiore a 77,47 euro deve essere assolta l’imposta di bollo.

La finalità risarcitoria delle somme considerate esclude che si possa trattare d’interessi di dilazione di pagamento e, quindi, anche l’applicazione del regime di esenzione ai sensi dell’articolo 10, comma 1, n. 1), del Dpr 633/1972.

Diverso è invece il trattamento di quanto dovuto da Alfa all’incaricato della riscossione del credito per l’attività svolta. Infatti, quest’ultimo deve emettere regolare fattura addebitando il corrispettivo contrattuale e quanto previsto per il recupero delle spese sostenute, assoggettandolo all’Iva con aliquota ordinaria.

Agenzia delle Entrate, interpello, risposta 74 del 13 marzo 2019

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