Imposte

Interessi passivi, il mutuo sospeso spinge al ricalcolo dei costi

La moratoria sulle rate dei finanziamenti complica la gestione degli oneri di transazione

di Paolo Meneghetti

La gestione degli interessi passivi derivanti da mutui (quindi espliciti) o da leasing (impliciti) si complica nel 2020 per effetto della moratoria sulla restituzione della rate prevista dall’articolo 56 del Dl 18/20.

Nel caso più frequente, cioè quello della sospensione dell’intera rata del mutuo, gli interessi passivi vanno comunque imputati a conto economico sulla base del nuovo piano di ammortamento che l’istituto di credito avrà fornito. In questo senso si è pronunciato anche il Mef nelle Faq relative ai provvedimenti governativi di contrasto al Covid-19.

Il tema riguarda anche i contratti di leasing che, per effetto della sospensione, vengono di fatto allungati con conseguente ricalcolo della quota del canone di competenza; da tale dato, con il metodo forfettario previsto dal provvedimento ministeriale del 24 aprile 1998, si ricaveranno gli interessi passivi di competenza.

Questi interessi passivi, imputati a conto economico, vengono dedotti tramite il vaglio del 30% del Rol “fiscale”, ex articolo 96 del Tuir.

I costi di transazione
Una questione correlata riguarda i costi di transazione del mutuo (spese di istruttoria, eccetera), che dovranno essere ricalcolati per effetto dell’allungamento della durata del prestito dovuto alla moratoria. Tali costi vanno classificati a conto economico nella voce C17 e anche per essi si pone il problema se debbano o meno essere disciplinati dall’articolo 96, ai fini della deducibilità fiscale.

Sul punto, le Entrate hanno affermato che la qualificazione in bilancio di componenti negativi quali oneri finanziari rileva solo per le imprese che applicano la derivazione rafforzata; mentre per le altre quei componenti negativi (pur inseriti in bilancio quali oneri finanziari) non rilevano ai fini del calcolo del Rol. In pratica tali componenti negativi vanno considerati, ai fini del calcolo di deducibilità, come normali costi per servizi.

Questa lettura emerge da una risposta data a Telefisco 2019 in cui l’Agenzia ha analizzato il caso di una microimpresa che in modo facoltativo ha applicato il criterio del costo ammortizzato per qualificare come oneri finanziari i costi di transazione relativi a mutui passivi. La risposta non esamina il caso di non applicazione del criterio del costo ammortizzato, il che si ha quando la qualificazione di prestazioni di servizio quali oneri finanziari avviene in base alle regole dettate dal documento Oic 19. Ma anche in questo caso potremmo dire che i costi in questione sostenuti da microimprese non vanno considerati oneri finanziari da sottoporre al vaglio del 30% del Rol. E pertanto non vanno inclusi nel rigo RF 118 del modello Redditi Sc.

La derivazione rafforzata
C’è però una seconda casistica da analizzare, che riguarda la società che redige il bilancio in forma abbreviata, quindi che applica la derivazione rafforzata e in modo facoltativo può applicare anche il criterio del costo ammortizzato. Ipotizziamo anche in questo caso la conversione degli oneri di transazione in oneri finanziari, per valutare se tali componenti negativi assumono rilevanza ai fini dell’articolo 96 del Tuir e quindi ai fini dell’inserimento o meno nel rigo RF 118.

A tal proposito, l’Aidc (norma 207) ha affermato che i costi di transazione contabilizzati quali interessi passivi non vanno sottoposti al vaglio del 30% del Rol, poiché sono deducibili come normali componenti negativi «non finanziari». La motivazione a supporto di tale tesi è che, non essendoci attualizzazione del debito, non saremmo di fronte a una riqualificazione con rilevanza fiscale.

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