Adempimenti

Isa, l’esonero dal visto di conformità non si trasferisce ai soci

di Lorenzo Pegorin e Gian Paolo Ranocchi

Regime premiale della società con esonero dal visto di conformità non trasferibile ai soci. È quanto afferma l’agenzia delle Entrate nella risposta interpello 411/2019 di ieri, con il quale un contribuente, socio di una società artigiana, il cui punteggio Isa in capo alla partecipata superava il voto 8, chiedeva se anch’egli possa beneficiare dell’esonero dal visto di conformità in virtù dell’affidabilità guadagnata dall’impresa.

Il contribuente nella formulata richiesta di chiarimento all’agenzia delle Entrate specifica che il credito trasferito dalla società direttamente nel quadro RH del modello redditi 2019 del socio è l’unico presente nella dichiarazione della persona fisica. In altre parole, si può anche dire che il reddito dichiarato dal socio è solo quello proveniente dalla società.

Nonostante la positiva soluzione interpretativa proposta dall’istante, la risposta dell’Agenzia è negativa. Per le Entrate, infatti, l’esonero dall’applicazione del visto di conformità, laddove la compagine sociale raggiunga un punteggio pari o superiore a 8, non può mai, comunque, trasferirsi al socio.

In particolare i tecnici dell’ente affermano che, se successivamente allo scomputo delle ritenute dalle imposte dovute dal singolo socio, associato o partecipante si determina un’eccedenza di Irpef a credito, qualora la stessa sia stata utilizzata o verrà utilizzata in compensazione sarà in ogni caso necessario «richiedere l’apposizione del visto di conformità di cui all’articolo 35, comma 1, lettera a), del citato Dlgs 241/97» (articolo 1, comma 574, della legge 147/13), non ammettendo, in buona sostanza alcuna osmosi fra la dichiarazione della società e quella dei soci.

A parere di chi scrive la conclusione a cui giunge l’agenzia delle Entrate è troppo rigida, proprio perché, nel caso di specie l’unico reddito dichiarato dal socio è proprio quello derivante dalla partecipazione nella società.

Il credito Irpef, infatti, nasce in capo alla compagine sociale, la cui affidabilità, viene certificata dagli Isa (voto superiore a 8).

Per cui la bontà di quel credito è il frutto di un percorso iniziato nella società e finito per trasparenza nella dichiarazione del socio (ai sensi dell’articolo 5 del Tuir), senza che esso (il credito) risulti inquinato con altre posizioni facenti capo al socio persona fisica. Del resto non si vede il perché se quel credito era “affidabile” in capo alla società, poi non lo debba più essere per la persona fisica, vista la perfetta comparabilità fra le due posizioni certificata dal fatto che l’unico reddito dichiarato dal socio è proprio quello proveniente dalla società.

Discorso diverso sarebbe se, nella dichiarazione del socio venissero indicati altri crediti Irpef (cosa peraltro, piuttosto frequente vista la possibilità che possano essere stati dichiarati altri redditi che hanno scontato a monte ritenute d’acconto); in questo caso si la soluzione parrebbe meno convincente stante il fatto che la certificazione del credito operata con l’apposizione del visto di conformità attiene al risultato della liquidazione complessiva della dichiarazione dei redditi (del socio) e quindi l’esonero in questi casi potrebbe implicitamente espandersi a crediti non “virtuosi” sul piano Isa.

Agenzia delle Entrate, risposta a interpello 411/2019

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