Iva «a richiesta» sulle navi d’alto mare
È l’effettivo impiego delle imbarcazioni a qualificare la navigazione di alto mare e il conseguente regime Iva della non imponibilità. Ma a livello pratico solo una dichiarazione di parte dell’armatore può rendere applicabili i criteri dettati dalle Entrate.
Il criterio del 70%
Con la risoluzione 2/E del 12 gennaio 2017 l’Agenzia ha fornito importanti indicazioni per applicare il regime della non imponibilità Iva alle operazioni realizzate in favore di armatori di navi stabiliti in Italia per le quali l’articolo 8-bis del Dpr 633/1972 richiede che siano adibite «alla navigazione in alto mare».
Secondo l’amministrazione finanziaria, opera la non imponibilità laddove le navi, oltre ad essere progettate e omologate per la navigazione d’alto mare, siano materialmente e prevalentemente impiegate oltre le 12 miglia nautiche dalla costa.
Tuttavia, pur allineandosi alla giurisprudenza della Corte di giustizia europea, l’amministrazione impone adempimenti che destano più di una perplessità tra gli operatori. Nella risoluzione, infatti, si afferma che una nave è considerata «adibita alla navigazione in alto mare se, con riferimento all’anno precedente, ha effettuato in misura superiore al 70% viaggi in alto mare (ovvero, oltre le 12 miglia marine). Tale condizione deve essere verificata per ciascun periodo d’imposta sulla base di documentazione ufficiale».
Ora, sono di tutta evidenza le difficoltà per la maggior parte degli operatori di comprendere se la nave su cui stanno lavorando o fornendo dotazioni o provviste di bordo, abbia navigato in alto mare nell’anno precedente e nelle percentuali sopra indicate.
Gli ostacoli pratici
In assenza di precise indicazioni sulla «documentazione ufficiale» d’acquisire, si ritiene corretto fare riferimento al libro della navigazione, così come previsto all’articolo 173 del Codice della navigazione – Rd 30 marzo 1942, n. 327 –nel quale sono iscritti tutti i dati e i fatti inerenti alla navigazione (rotte seguite, rilievi meteorologici, manovre effettuate eccetera) e dove le annotazioni, se regolarmente effettuate, hanno efficacia probatoria così come previsto dal successivo articolo 178 del Codice della navigazione.
Tra l’altro, tale documentazione ha carattere dell’internazionalità, dato che è comunemente in dotazione su tutte le navi indipendentemente dalla loro nazionalità. Ma, questo è il punto, può un operatore accedervi liberamente? E se sì, come calcolare la percentuale del 70%? Inoltre, laddove l’operatore fosse in grado di leggerla e interpretarla, dovrà richiederne una copia in vista di eventuali controlli. Senza trascurare l’ipotesi che il cessionario committente opponga il proprio diniego: in fin dei conti si tratta di documenti che l’armatore potrebbe non voler rendere noti per evidenti motivi commerciali.
Non andrebbe meglio ai soggetti passivi che realizzano le operazioni, i quali anche per interventi di importi di poche decine di euro si vedrebbero costretti a visionare i libri, effettuare i calcoli e acquisirne una copia. Un semplice artigiano (elettricista, falegname, idraulico) che opera nel settore, a supporto delle proprie fatture, dovrebbe approntare delle vere e proprie librerie di giornali della navigazione.
La dichiarazione di parte
Va individuata, allora, una procedura che sia applicabile a livello pratico. A questo riguardo si ritiene che una soluzione possa essere individuata in una dichiarazione di parte rilasciata dall’armatore che attesti di trovarsi nelle condizioni richieste dall’articolo 8-bis del Dpr 633 del 1972 per fruire del regime della non imponibilità.