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Iva sull’e-commerce, corrette le incongruenze nella direttiva Ue: lo Stato membro di consumo è quello di arrivo

Pubblicato un documento di rettifica che rimedia ad alcuni errori legati alla traduzione

di Francesco D'Alfonso

Nella «Gazzetta Ufficiale» dell’Unione europea L 84/28, dell’11 marzo 2021, è stato pubblicato un documento di rettifica della direttiva (Ue) 2019/1995, in materia di vendite a distanza intra-Ue di beni e di talune cessioni nazionali di beni, la cui applicazione è prevista a partire dal 1° luglio 2021.

Come evidenziato in un precedente articolo, nella versione italiana della menzionata direttiva 2019/1995, quest’ultima modificativa della direttiva 2006/112/Ce, erano infatti presenti disposizioni non pienamente conformi ai principi e alle finalità di tale direttiva, a causa di una non perfetta traduzione in italiano della versione in lingua inglese della stessa.

In particolare, l’articolo 1, punto 9), della direttiva 2019/1995/Ue, che sostituisce l’articolo 369 bis della direttiva 2006/112/Ce, quest’ultimo relativo al regime speciale Ue basato sull’utilizzo del sistema Oss (One Stop Shop), nel definire la nozione di «Stato membro di consumo» individuava come tale, nel caso delle vendite a distanza intracomunitarie di beni, «lo Stato membro di partenza della spedizione o del trasporto dei beni a destinazione dell’acquirente».

Più correttamente, in sede di rettifica il testo è stato sostituito, prevedendo che, per tali operazioni, lo «Stato membro di consumo» corrisponde «allo Stato membro di arrivo della spedizione o del trasporto dei beni a destinazione dell’acquirente» e non invece a quello di partenza.

Analogamente, per le cessioni nazionali di beni mediante l’uso di un’interfaccia di cui all’articolo 14 bis, paragrafo 2, della direttiva 2006/112/Ce, la direttiva 2019/1995/Ue considerava «Stato membro di consumo» se lo Stato membro di «partenza della spedizione o del trasporto dei beni ceduti è lo stesso, detto Stato membro».

Come riportato nel documento di rettifica, lo Stato membro di consumo, in questa ipotesi, corrisponde in realtà con lo «Stato membro di partenza e di arrivo della spedizione o del trasporto dei beni ceduti» se gli stessi coincidono.

Tale ultima errata definizione viene poi corretta anche successivamente, rettificando anche i paragrafi 1, 2 e 3 dell’articolo 369-octies della direttiva 2006/112/Ce, come sostituiti dalla direttiva 2019/1995/Ue, relativi alle informazioni da indicare nella dichiarazione Iva.

Sono inoltre oggetto di rettifica anche l’articolo 36-ter (imputazione della spedizione/trasporto in caso di vendita di beni tramite interfaccia elettronica) e l’articolo 204 (debitori Iva nell’ipotesi di regime speciale non Ue) della direttiva 2006/112/Ce, nonché alcuni articoli del regolamento Ue 2019/2026 («Gazzetta Ufficiale» della Ue L 84/31 dell’11 marzo 2021), quest’ultimo modificativo del reg. Ue 2011/282.

Non è stato invece oggetto di rettifica l’articolo 59-quater della versione italiana della direttiva 2006/112, aggiunto dall’articolo 2, paragrafo 1, punto 7 della direttiva n. 2017/2455/Ue, nel quale viene erroneamente riportato che la soglia di 10mila euro prevista per l’applicazione dell’Iva nello Stato membro del fornitore si riferisce al «valore totale, al netto dell’Iva, delle prestazioni o delle cessioni».

In realtà, dal testo in lingua inglese della menzionata direttiva è evidente che detta soglia riguarderà invece sia le prestazioni di servizi di telecomunicazione, di teleradiodiffusione ed elettronici nella Ue che le vendite a distanza intra-Ue di beni.

Anche la direttiva 2017/2455, come la direttiva 2019/1995, dovrà essere recepita nel sistema Iva nazionale, e comunque ivi si applicherà, a partire dal 1° luglio 2021.