Controlli e liti

L’accertamento da redditometro non richiede prove integrative

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di Roberto Bianchi

Nell’ambito dell’accertamento Irpef, la quantificazione realizzata attraverso il metodo sintetico, in forza degli indicatori afferenti il redditometro, esonera l’Ufficio da qualsiasi ulteriore prova rispetto alla sussistenza dei fattori indice di capacità contributiva e, pertanto, risulta legittimo l’accertamento fondato sugli stessi, restando in capo al contribuente, posto nella condizione di potersi difendere dalla contestazione in merito alla sussistenza dei menzionati elementi, l’onere di dimostrare che il reddito presunto non esiste o è inferiore.
A fornire questa rigorosa interpretazione è la Cassazione attraverso l’ ordinanza 16122/2018 .
Con ricorso per Cassazione, l’Agenzia ha impugnato la sentenza della Ctr in tema di accertamento redditometrico, per una maggiore capacità contributiva accertata dall’Amministrazione in ragione del possesso di una serie di beni indice.
L’Ufficio ricorrente ha denunciato le violazioni dell’articolo 38 commi 4, 5 e 6 del Dpr 600/1973, dell’articolo 2697, Codice civile e dei decreti ministeriali 10/09/1992 e 19/11/1992, nonchè dell’articolo 42 del Dpr 600/1973 e dell’articolo 7 della legge 212/2000, in relazione al comma 1, n. 3 dell’art. 360 c.p.c. in quanto, la Ctr avrebbe ritenuto che le risultanze del redditometro non potessero assurgere al rango di presunzioni legali, dovendo le stesse essere considerate mere presunzioni semplici da convalidare all’esito del contraddittorio instaurato con il contribuente e delle quali dare conto nella motivazione dell’avviso d’accertamento, mentre le presunzioni dell’accertamento redditometrico hanno a tutti gli effetti valore legale ed è il contribuente che ha l’onere di superarle attraverso la dimostrazione di fatti economici contrari rispetto alle stesse.
A parere del Collegio di legittimità il ricorso è fondato in quanto, l’orientamento della Corte Suprema, in tema di accertamento a rettifica dell’Irpef, afferma che la determinazione effettuata con il metodo sintetico, sulla base degli indici previsti dai decreti del 10/9/1992 e 19/11/1992 afferenti il redditometro, dispensa l’Ufficio da qualsivoglia ulteriore prova rispetto all’esistenza dei fattori - indice della capacità contributiva ed è pertanto legittimo l’accertamento fondato su essi, restando a carico del contribuente l’onere di dimostrare che il reddito presunto non esiste o esiste in misura inferiore (Cassazione ordinaria 21142/2016).
La pronuncia appare molto rigorosa in quanto la norma prevede, per l’Ufficio, l’onere di convocare il contribuente, affinché lo stesso fornisca altri dati e notizie utili ai fini dell’accertamento e, solo in seguito, qualora l’Agenzia ritenga che le giustificazioni fornite non siano risultate sufficienti, la stessa norma dispone l’obbligo di convocazione del contribuente al contraddittorio per accertamento con adesione e tale duplice passaggio obbligatorio comporta il necessario adeguamento del risultato dello standard redditometrico alla singola posizione del contribuente.
Il contraddittorio va ad assolvere, pertanto, una funzione di concreto adeguamento del risultato dello standard al caso del singolo contribuente. In questo modo si viene a perfezionare il principio, avvalorato dalla giurisprudenza di legittimità per gli accertamenti standardizzati, secondo cui il risultato “normale” espresso dal dato di partenza deve essere corretto nel corso del contraddittorio, in maniera da rappresentare la specifica realtà del contribuente e tale percorso conduce a determinare senza dubbio la valenza presuntiva posta a base dell’accertamento redditometrico. Dovendosi fondare l’atto di accertamento su tali vicende afferenti alla reale situazione del contribuente, non si può pertanto ritenere che la rettifica sia fondata su un fatto noto stabilito dalla legge, prerogativa tipica delle presunzioni legali.

Cassazione civile, sezione VI, ordinanza 16122 del 19 giugno 2018

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