L’adempimento spontaneo riapre le porte al ravvedimento
Con l’adempimento spontaneo rimane aperta la via del ravvedimento operoso.
Dal primo gennaio 2015 è stato completamente rivisitato l’istituto del cosiddetto ravvedimento operoso, contenuto nell’articolo 13 del Dlgs 471/1997. Sebbene da tale data vi sia libertà di adozione dell’istituto in commento, anche in presenza di verifiche, la ricezione di avvisi di liquidazione o accertamento da parte del contribuente, nonché di una «comunicazione di irregolarità» di cui agli articoli 36-bis e 36-ter del Dpr 600/1973 e articolo 54 bis del Dpr 633/1972, costituisce causa ostativa all’applicazione del ravvedimento operoso stesso, in base a quanto disposto dal comma 1 ter dell’articolo 13 del già richiamato Dlgs 472/1997, inserito dalla legge 190/2014.
Il cosiddetto avviso bonario, quindi, preclude la possibilità di correggere spontaneamente gli eventuali errori commessi dal contribuente. A tale riguardo è stato però precisato dall’amministrazione finanziaria che, con riferimento al controllo formale di cui all’articolo 36-ter del Dpr 600/1973, l’accesso al ravvedimento è precluso solo dal recapito della comunicazione degli esiti del controllo stesso recante l’indicazione delle somme dovute, e non anche dalla precedente fase di richiesta di documentazione che è finalizzata alla verifica dei dati contenuti nella dichiarazione dei redditi.
Al fine di ampliare ulteriormente l’utilizzo del ravvedimento, i commi 634, 635 e 636 dell’articolo 1 della legge di Stabilità 2015 - legge 190/2014 - hanno introdotto, però, anche un ulteriore importante istituto, denominato «adempimento spontaneo» del contribuente, che scatta nel momento in cui vengono effettuate, a quest’ultimo, delle precise segnalazioni da parte del Fisco.
Si tratta, in buona sostanza, di un «avvertimento» da parte dell’amministrazione finanziaria, la quale, con i dati a disposizione, segnala al contribuente possibili errori dichiarativi, per permettere al contribuente di regolarizzarsi pagando una sanzione ridotta o fornendo, all’amministrazione finanziaria, valide motivazioni circa il comportamento assunto. Con tale istituto si introduce, quindi, una nuova e più avanzata forma di comunicazione tra il contribuente e l’amministrazione, nel segno della compliance.
Nello specifico viene disposto che, in termini preventivi rispetto alle scadenze fiscali, al fine di semplificare gli adempimenti, stimolare l’assolvimento delle obbligazioni tributarie nonché favorire l’emersione spontanea delle basi imponibili, l’agenzia delle Entrate mette a disposizione del contribuente, o del suo intermediario, attraverso reti telematiche, elementi e informazioni in possesso dell’amministrazione finanziaria stessa, riferibili al contribuente.
Tali elementi e informazioni possono riguardare gli acquisti, i ricavi o i compensi (professionali), i redditi, il volume d’affari, il valore della produzione e, ancora, le agevolazioni, le deduzioni o le detrazioni e i crediti d’imposta e, quindi, anche quei dati solitamente verificati attraverso i controlli automatici e formali di cui si è detto.
Per dar completa attuazione alla collaborazione tra contribuente e amministrazione finanziaria, in tale sede di adempimento spontaneo, il contribuente, anche a mezzo del suo intermediario, può segnalare all’agenzia delle Entrate eventuali elementi, fatti o circostanze dalla stessa non conosciuti, che giustificano il comportamento tenuto e i dati dichiarati.
Nel caso in cui, invece, le segnalazioni inviate al contribuente risultino essere, in tutto o in parte, fondate, torna di nuovo applicabile l’istituto del ravvedimento operoso.
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