Controlli e liti

L’Agenzia bypassa il comportamento fraudolento

Lo stop alla conciliazione giudiziale sui crediti inesistenti impatta anche su quello per ricerca e sviluppo

di Diego Avolio e Benedetto Santacroce

Il chiarimento fornito dall’agenzia delle Entrate nell’ambito di Telefisco sull’impossibilità di effettuare la conciliazione giudiziale in caso di controversia relativa ad un atto di recupero di credito insistente rappresenta l’ennesima “tegola” per i contribuenti.

ome si è già avuto modo di osservare più volte (anche su Nt+ Fisco) , la questione si pone per le tante contestazioni elevate dagli uffici, negli ultimi anni, in materia di crediti d’imposta per la ricerca e lo sviluppo.

Di recente, l’agenzia delle Entrate ha diramato le direttive (circolare 31/E/20) sulle modalità e i tempi per le attività di accertamento finalizzate a verificare la sussistenza delle condizioni di spettanza del credito d’imposta in base all’articolo 3 del Dl 145/13.

Al riguardo, è stato precisato che, qualora a seguito dei controlli sia accertato che le attività o spese sostenute non siano ammissibili al credito d’imposta per la ricerca e lo sviluppo, si configurerebbe un’ipotesi di utilizzo di un credito ritenuto «inesistente», per carenza totale o parziale del «presupposto costitutivo», ed il relativo atto di recupero dovrà essere notificato entro il 31 dicembre dell’ottavo anno successivo a quello del relativo utilizzo in compensazione.

Si è dell’avviso che l’impostazione data nella circolare 31/E/20 non colga affatto nel segno, dal momento che molte (a dire il vero, la stragrande maggioranza) delle contestazioni elevate dagli Uffici nulla hanno a che vedere con la disciplina che dovrebbe propriamente riguardare gli atti di recupero di crediti «inesistenti», vertendo piuttosto su «questioni tecniche» estremamente complesse relative al requisito della “novità” che dovrebbe caratterizzare la ricerca per potere beneficiare dell’agevolazione.

Tali contestazioni si riflettono sul piano sanzionatorio, dal momento che l’agenzia delle Entrate ritiene corretto potere elevare le sanzioni per indebita compensazione di un credito d’imposta considerato inesistente, piuttosto che non spettante.

Come lamentato da Assonime (circolare 1/21 del 26 gennaio), la sanzione prevista per l’indebita compensazione di crediti inesistenti dovrebbe però riguardare le sole ipotesi in cui ricorra un comportamento fraudolento del contribuente, come nel caso in cui venga allestito un apparato contabile ed extracontabile per documentare (sulla carta) attività di ricerca e sviluppo che, in realtà, non sono mai state svolte; o ancora, laddove il credito d’imposta venga creato artificiosamente in sede di compilazione del modello F24 (risoluzione 36/E/18).

Viceversa, nel caso di questioni interpretative, quali ad esempio la lamentata carenza del requisito della «novità» della ricerca per potere beneficiare dell’agevolazione, non potrebbe certo ricorrere l’ipotesi del credito inesistente.

Pare indubbio che laddove il credito d’imposta sia stato accompagnato dalla relazione illustrativa dei progetti, come pure dalla certificazione del revisore legale dei conti attestante l’effettività dei costi sostenuti, non possa essere addebitato al contribuente alcun comportamento “fraudolento”, avendo lo stesso fornito, in sede di eventuale verifica, tutta la documentazione comprovante le modalità di calcolo del credito d’imposta.

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