Imposte

L’alternativa della previdenza complementare

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di Stefano Sirocchi

In luogo dei Pir e sempre nell’ottica del risparmio a lungo termine e della fruizione di agevolazioni fiscali, si può scegliere di aderire alla previdenza complementare. I lavoratori dipendenti possono aderire – la scelta è libera – ai fondi pensione negoziali (anche detti fondi “chiusi”), ai fondi aperti o a quelli preesistenti, se il contratto di lavoro lo prevede.

Nel primo caso si tratta di iscriversi al fondo pensione specifico istituito dai rappresentanti dei lavoratori e dei datori di lavoro nell’ambito della contrattazione nazionale, di settore o aziendale (ad esempio il fondo Cometa per i metalmeccanici). Nel secondo caso, invece, il fondo è istituito da banche, imprese di assicurazioni, Sgr e Sim; infine, per i fondi pensione preesistenti, ci si riferisce a quelli già esistenti alla data del 15 novembre 1992.

Viceversa, se il contratto non lo prevede, o comunque si preferiscono soluzioni alternative, i lavoratori subordinati possono aderire a un fondo aperto di proprio gradimento, oppure ad un piano di investimento pensionistico di natura assicurativa («Pip»).

Anche i lavoratori autonomi e i liberi professionisti possono aderire a un fondo aperto o a un Pip, oppure, se l'associazione di categoria o l’Ordine professionale lo prevede, allo specifico fondo pensione di riferimento.

Contributi e premi versati alle forme pensionistiche complementari sono deducibili dal reddito complessivo delle persone fisiche nei limiti di 5.164,57 euro annui (articolo 8, comma 4, del decreto legislativo 252/05), non solo per dipendenti e professionisti ma, di regola, per tutti i contribuenti. Vi sono agevolazioni per i «lavoratori di prima occupazione» successiva al 1° gennaio 2007 e che a quella data non erano titolari di una posizione contributiva aperta presso un qualsiasi ente di previdenza obbligatoria (circolare 70/E del 2007, par. 2.8). Il beneficio per questi soggetti può essere fruito dal sesto al venticinquesimo anno di partecipazione alla previdenza complementare e consiste in deduzioni maggiorate fino a 7.746,86 euro, alle condizioni di cui al comma 6, art. 8, d.lgs. 252/2017 (vedi anche la risoluzione 131/E del 2011). Nessuna soglia massima di esenzione è invece prevista per i contributi versati ai fondi in squilibrio finanziario se il piano di riequilibrio è stato approvato dal ministero; viceversa, vecchie e diverse limitazioni valgono per coloro che aderiscono ai fondi negoziali dei dipendenti pubblici (ad esempio il fondo scuola Espero).

Infine, ulteriori incentivi sono stati introdotti con la legge di Bilancio 2017. I dipendenti a cui spettano i premi di risultato agevolati ai sensi dell’articolo 1, commi da 182 a 191, della legge 208/2015, se il contratto aziendale o territoriale lo prevede, possono decidere di convertirli in benefit e destinarli in tutto o in parte alla previdenza complementare giovandosi cosi della totale detassazione anche se eccedono i limiti (articolo 8, decreto legislativo 252/2007) ossia rispettivamente 5.164,57 euro e le soglie fissate per i lavoratori di prima occupazione. Non solo, ma in questo caso il beneficio è duplice perché tali contributi non concorreranno neppure a formare materia imponibile delle prestazioni pensionistiche.

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