Diritto

L’amministratore che non paga le tasse risarcisce i creditori

Lo ha stabilito una sentenza del Tribunale di Milano del 13 marzo 2020

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di Giovanbattista Tona

L’amministratore che non adempie agli obblighi fiscali risponde di mala gestio in caso di fallimento della società. Questo emerge dalla sentenza del Tribunale di Milano del 13 marzo scorso, che ha accolto la domanda di un curatore che aveva chiesto di condannare gli ex amministratori di una società fallita a risarcire il danno, con diverse modalità derivato ai creditori sociali a causa delle loro inadempienze verso l’Erario.

È il rappresentante legale che ha l’obbligo di provvedere al pagamento delle imposte della società con personalità giuridica. Egli non ne è personalmente responsabile sul piano patrimoniale e, in base all’articolo 7 del decreto legge 269 del 2003 convertito dalla legge 362 del 2003, non gli possono essere nemmeno irrogate le sanzioni amministrative relative al rapporto fiscale proprio della società.

È quindi la società a trovarsi colpita dai provvedimenti impositivi che derivano dall’inadempimento degli obblighi commesso dal suo amministratore. Con tutte le conseguenze che questo comporta. Fino all’insolvenza, al fallimento ed eventualmente all’impossibilità per gli altri creditori sociali di soddisfarsi sull’attivo perché le pretese erariali sono assistite da cause di prelazione e possono erodere tutta la massa o la più parte di essa.

Sono questi i due i profili di mala gestio, individuati dal Tribunale di Milano, nel giudizio di responsabilità degli amministratori, promosso dal curatore fallimentare in base all’articolo 147 della legge fallimentare.

La condotta
Il primo riguarda la condotta tenuta dagli amministratori nel periodo in cui la società disponeva di liquidità adeguata per adempiere ai debiti fiscali e tuttavia tali risorse non erano state utilizzate per versare il dovuto all’Erario.

È un’ipotesi di inosservanza dei doveri ad essi imposti dalla legge e in base al principio posto dall’articolo 2746 comma 1 del Codice civile gli amministratori dovranno rispondere dei danni procurati alla società in ragione dell’inadempimento. Il danno non può essere correlabile all’importo che doveva essere versato (comunque dovuto e come tale da detrarre in ogni caso dall’attivo nella disponibilità della società). Il pregiudizio invece deriva dalle conseguenze del mancato puntuale versamento e va commisurato in riferimento al carico ulteriore che grava sul patrimonio sociale e quindi alle sanzioni, interessi ed aggi addebitati dall’Erario alla società, come liquidati nell’accertamento tributario o nella cartella esattoriale.

La prosecuzione dell’attività
Il secondo profilo di mala gestio viene individuato dal momento in cui, dopo avere accumulato ingenti debiti nei confronti dell’amministrazione finanziaria (rimasti sempre inadempiuti fin dalla sua costituzione), la società aveva perduto il capitale sociale e gli amministratori non avevano provveduto a convocare l’assemblea dei soci secondo l’articolo 2482ter del Codice civile e non avevano adottato le altre necessarie iniziative imposte dalla legge con la delibera della riduzione del capitale e del suo contemporaneo aumento a una cifra non inferiore al minimo legale o con la trasformazione della società.

Essi avevano invece proseguito illecitamente l’attività di impresa, non secondo modalità esclusivamente conservative, ma con l’assunzione di nuovo rischio imprenditoriale.

La prosecuzione aveva tra l’altro ulteriormente incrementato i debiti fiscali già maturati.

Nel periodo in cui la società operava in perdita e quindi senza produrre imponibile, la condotta degli amministratori ha arrecato ulteriori danni da identificare nella debitoria erariale post riduzione del capitale sociale ovvero nella misura delle sanzioni, interessi e aggi maturati dal momento in cui si sarebbero dovute assumere le iniziative di cui all’articolo 2482ter del Codice civile fino alla cessazione dalla carica.

Sebbene la somma sia determinata in base agli importi di cui agli atti impositivi, trattandosi di risarcimento del danno e quindi di debito di valore, spettano anche la rivalutazione monetaria e gli interessi legali sulla somma rivalutata tempo per tempo dal dovuto al saldo effettivo.

Il quadro normativo e giurisprudenziale

La natura contrattuale della responsabilità
L'azione di responsabilità sociale promossa contro amministratori e sindaci di società di capitali ha natura contrattuale: l'attore deve quindi provare la sussistenza delle violazioni contestate e il nesso di causalità tra queste e il danno verificatosi, mentre sul convenuto incombe l'onere di dimostrare la non imputabilità del fatto dannoso alla sua condotta, fornendo la prova positiva dell’osservanza dei doveri e dell'adempimento degli obblighi imposti

L'azione del curatore contro gli amministratori
Per la Cassazione (sentenza 23452/2019) l’azione di responsabilità del curatore basata sull’articolo 146 della legge fallimentare cumula in sé le azioni previste dagli articoli 2393 e 2394 del Codice civile a favore della società e dei creditori sociali, in relazione alle quali assume contenuto inscindibile e connotazione autonoma implicando una modifica della legittimazione attiva, ma non dei presupposti delle due azioni. La mancata specificazione del titolo nella domanda giudiziale, fa presumere che il curatore abbia inteso esercitarentrambe le azioni

La responsabilità dell'amministratore
L’amministratore che non versa le imposte dovute dalla società che abbia sufficiente liquidità viola isuoi doveri e risponde dei danni che vanno commisurati alle sanzioni, interessi ed aggi ad essa addebitati dal Fisco, come liquidati nell’accertamento tributario o nella cartella esattoriale. Risponde poi dell’ulteriore aggravio che dovesse derivare dal maturare di altre sanzioni, interessi e aggi, qualora prosegua illecitamente l'attività di impresa dopo la perdita del capitale sociale da parte della società

La quantificazione del danno
L’articolo 378 del Codice della crisi, recependo le indicazioni della giurisprudenza, ha modificato l’articolo 2486 del Codice civile pevedendo che in mancanza di documentazione contabile e fiscale della società fallita, il danno provocato dall’amministratore della società che abbia proseguito illegittimamente l’attività può essere liquidato equitativamente nella misura corrispondente alla differenza tra passivo accertato e attivo liquidato in sede fallimentare. La nuova norma è in vigore dal 15 aprile 2019

La tesi della irretroattività
Secondo la Corte d’appello di Catania, l’articolo 2846 del Codice civile libera l’attore dall’onere della prova in ordine al quantum del danno risarcibile da parte dell’amministratore che ha proseguito illecitamente l’attività di impresa. Fissa infatti il criterio dei netti patrimoniali i o, se manca la documentazione contabile o fiscale, della differenza tra passivo accertato e attivo liquidato in sede fallimentare. La norma non può quindi essere applicata retroattivamente perché pregiudica la posizione del convenuto.


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