L’appello non può riprodurre le identiche argomentazioni del ricorso in primo grado
Il difetto di specificità dei motivi di appello in ambito tributario comporta l’inammissibilità della impugnazione? A questo interrogativo la Suprema Corte ha risposto stabilendo che ai fini della validità dell’appello l’appellante non può limitarsi a riprodurre le identiche e testuali argomentazioni contenute nel ricorso introduttivo. Pertanto, l’iter argomentativo dell’impugnazione, che rinvia all’atto di accertamento, non può assolvere al requisito di specificità previsto dall’articolo 53 del Dlgs 546/1992. È quanto emerge dall’ordinanza 8433/2018 della Cassazione ( clicca qui per consultare il testo della pronuncia ).
Nei fatti è accaduto che la proposizione dell’atto di appello da parte dell’agenzia delle Entrate veniva dichiarato inammissibile dalla Ctr per la genericità dei motivi del ricorso. Contro la sentenza l’ufficio proponeva ricorso in Cassazione lamentando, in particolare modo, l’errore in cui erano incorsi i giudici nel ritenere aspecifici i motivi del gravame che si riportavano all’accertamento effettuato dalla Guardia di Finanza.
I giudici ricordano, innanzitutto, che quant’anche la mera riproposizione da parte dell’appellante, delle richieste e delle relative esposizioni già prospettate in primo grado siano sufficienti ai fini dei motivi del gravame, ciò non toglie, stante il carattere devolutivo dell’appello, che le censure mosse devono essere idonee a confutare il fondamento logico – giuridico della sentenza impugnata.
Di conseguenza, l’appellante non può limitarsi alla riproposizione testuale delle argomentazioni prospettate in primo grado, ma deve necessariamente contrapporre elementi di fatto e di diritto alle argomentazioni del primo giudice.
Appaiono evidenti le conseguenze pratiche della sentenza visto che la linea di demarcazione, tra il richiamo alle argomentazioni già svolte e l’inammissibilità dell’appello per genericità dei motivi, risultano alquanto sottili.
Valga a questo proposito la recente sentenza della Corte a Sezioni Unite (27199/2017) che, seppur resa nell’ambito del processo civile, ha evidenziato la necessità di rilievi critici a sostegno della riforma della sentenza impugnata. Occorre sottolineare che la reticenza a mutuare il concetto di specificità dei motivi di appello dal processo civile, nonostante l’esplicito richiamo contenuto nelle disposizioni sul contenzioso tributario, appare alquanto rischioso.
Non basterà, pertanto, sostenere che la sentenza è illegittima in fatto o in diritto o che il giudice ha travisato un fatto o una prova, ma occorrerà specificare manifestamente, circostanziando le censure, da quale violazione sostanziale o processuale è affetta la sentenza impugnata.
Stando così i termini della questione è indispensabile, anche nel processo tributario, che le deduzioni dell’appellante illustrino in maniera compiuta e intellegibile i motivi di gravame che devono essere in stretta correlazione con il contenuto della motivazione della sentenza impugnata; ciò, al fine di non incorrere nell’irreversibile situazione dell’inammissibilità del ricorso, rilevabile anche d’ufficio. Visto che in ambito tributario la questione del requisito della specificità dei motivi di appello non è ancora ben definita, stante la non uniformità degli indirizzi giurisprudenziali, sarebbe certamente auspicabile l’intervento delle Sezioni unite.
Cassazione, ordinanza 8433/2018