Professione

L’associazione professionale post trasformazione è assimilata a società semplice

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di Vincenzo Cambiano e Simmaco Riccio

Con riferimento alla trasformazione, il carattere realizzativo o meno, così come disciplinato dagli artticoli 170 e 171 del Tuir, discende dal regime fiscale del soggetto trasformato, che risulta strettamente connesso alla sua qualificazione giuridica e dall’ appartenenza o meno dei beni al regime del reddito d’impresa.

Tralasciando l’analisi degli orientamenti formatisi sulla qualificazione giuridica dell’associazione professionale, possiamo, oggi, ritenere che, una volta riconosciuta alle associazioni professionali la natura di autonomi centri di imputazione di rapporti giuridici, non potendo essere qualificate come associazioni non riconosciute dal momento che la caratteristica principale di queste ultime è rappresentata dall’assenza del carattere lucrativo, risulta consequenziale ricondurre il contratto di associazione tra professionisti allo schema della società semplice di cui all’articolo 2247 del Codice civile.

Inoltre l’inquadramento dell’associazione professionale nell’ambito dello schema della società semplice è supportato dall’articolo 2249, Codice civile il quale riconduce, in via residuale, tutte quelle società che esercitano un’attività lucrativa non commerciale allo schema della società semplice.

Chiarita la questione della qualificazione dello studio professionale, ai fini dell’individuazione degli effetti fiscali della trasformazione, bisogna comprendere se la società tra professionisti risultante dalla trasformazione sia produttiva di reddito d’impresa ovvero da lavoro autonomo.

Sul punto, l’amministrazione finanziaria, con la risoluzione n. 35/2018, in totale revisione del precedente indirizzo espresso nella risoluzione n. 118/2003, ha qualificato il reddito prodotto dalle società tra avvocati come reddito d’impresa sulla base della considerazione che le società tra professionisti non sarebbero un modello autonomo di persona giuridica bensì riconducibili ai modelli tradizionali di società commerciali che, per la loro stessa natura, sono produttive di reddito d’impresa.

A questo punto, essendo lo studio associato un ente non commerciale che si trasforma in società di persone ovvero di capitali, ai sensi del secondo comma dell’articolo 171 del Tuir, l’operazione verrebbe assimilata ad un conferimento di beni. La stessa amministrazione finanziaria, con la risposta n. 107/2018, nell’equiparare lo studio associato alla società di fatto, ha ricondotto la fattispecie in esame alla disciplina del conferimento di beni richiamando gli articoli 9 e 54 del Tuir che, rispettivamente, disciplinano la cessione dei beni non strumentali e dei crediti nonché di quelli strumentali nell’ambito del reddito da lavoro autonomo.

In conclusione, l’effetto realizzativo discenderebbe dalla fuoriuscita dei beni dal regime del reddito da lavoro autonomo per entrare a far parte di quello del reddito d’impresa. Infatti nella trasformazione omogenea di cui all’articolo 170 del Tuir la neutralità fiscale rappresenta l’automatica conseguenza di un mero mutamento della forma giuridica del soggetto trasformato senza alcuna soluzione di continuità nel regime fiscale applicabile. Tale situazione si verificherebbe, invece, laddove i professionisti decidessero di trasformare, lo studio associato in società semplice, dal momento che si approderebbe ad una società che, per effetto del comma 3, lettera c) dell’articolo 5 del Tuir, avrebbe un trattamento fiscale identico a quello dello studio associato. Con riferimento a quest’ultima fattispecie va rilevato come il termine trasformazione sia inappropriato in quanto, essendo lo studio professionale assimilato ad una società semplice, l’adozione di questo modello non si porrebbe in termini di trasformazione, ma di mera modifica statutaria.

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