L’attestazione taglia Iva e ritenute
Transazione fiscale con due vite. In applicazione dell’originario articolo 182-ter della legge fallimentare c’era una prima impostazione che vedeva un doppio binario nel quale la riduzione dell’Iva e delle ritenute fiscali/previdenziali non versate:
era possibile e legittimamente perseguibile solo se accettata od omologata in un concordato preventivo senza transazione;
restava nella piena discrezionalità degli uffici in presenza di una proposta di accordo di ristrutturazione ex articolo 182-bis.
La nuova versione dell’articolo 182-ter introdotta con la legge di Bilancio 2017 prevede oggi un solo binario in cui la ristrutturazione del debito fiscale è possibile solo con un’istanza di transazione fiscale obbligatoria e collegata a inderogabili parametri oggettivi di valutazione della convenienza.
Per la Cassazione, nell’impostazione dell’istituto previgente rispetto alla legge di Bilancio 2017, la falcidia dell’Iva sarebbe possibile solo nel concordato senza transazione fiscale, e non anche qualora il contribuente abbia proposto un accordo tributario ad hoc (Sezioni unite, 13 gennaio 2017, n. 760; 27 dicembre 2016, n. 26988). Lo stesso accadrebbe per l’omesso versamento delle ritenute (Cassazione, 19 gennaio 2018, n.1447).
In questo contesto legislativo, la sentenza della Corte di giustizia europea del 7 aprile 2016 (causa C-546/14, Degano Trasporti) ha fortemente cambiato lo scenario e soprattutto i principi sottesi. La sentenza ha sancito il definitivo principio della disponibilità del tributo armonizzato: la conseguenza è che l’eventuale falcidia non contrasta con gli obblighi comunitari qualora la riscossione della somma offerta – seppur inferiore a quella dovuta asseverata – sia fondata sul contenuto di una relazione asseverata e rappresenti la soluzione migliore per la soddisfazione dell’interesse pubblico all’effettività del gettito. Effettività da confrontarsi con l’impossibilità di un maggior recupero in caso di liquidazione patrimoniale o fallimento del contribuente, e che appoggi le proprie valutazioni sull’interesse alla certezza dell’entrata tributaria riconducibile ai principi costituzionali di buon andamento ed economicità ex articolo 97 della Costituzione.
Il nuovo testo dell’articolo 182-ter della legge fallimentare – recependo i principi espressi dalla Corte di giustizia europea – ha quindi definitivamente riconosciuto la falcidiabilità dell’Iva e delle ritenute alla duplice condizione che:
- sia presentata una istanza di transazione fiscale;
- l’asseveratore attesti che le eventuali altre “alternative” non siano praticabili o non permettano di ottenere somme equivalenti in sede di liquidazione volontaria o fallimentare.
Le novità dell’attuale scenario sono, quindi, il ruolo ricoperto dall’esperto indipendente incaricato dell’asseverazione e l’espressa tipizzazione di parametri di valutazione oggettiva affinché gli uffici possano aderire perseguendo nel miglior modo possibile gli interessi pubblici e sostenendo quelli privati.
La presenza di valori patrimoniali di liquidazione e di giudizi tecnici di fattibilità giuridica ed economica attestati dall’asseveratore sotto responsabilità penale ex articolo 236-bis del Codice penale richiede un adeguato contenuto motivazionale dell’eventuale diniego di transazione fiscale (si vede l’articolo a fianco).
Sono condivisibili le esigenze di tutela del contribuente prospettata dalla giurisprudenza amministrativa (Consiglio di Stato, sezione IV, 28 settembre 2016) e tributaria di legittimità (Cassazione, 14 dicembre 2016 n. 25632) riconoscendo che la controversia apparterrebbe alla giurisdizione tributaria e che il diniego sarebbe sindacabile ove si dimostri il peggior trattamento del credito tributario in sede fallimentare (Ctp Roma, 26135/28/2017) nonostante l’avvenuta asseverazione.
In ordine alla ristrutturazione del debito tributario al di fuori degli accordi di ristrutturazione ex articolo 182-bis e del concordato preventivo, la falcidiabilità dell’Iva dovrebbe essere riconosciuta a seguito della sentenza Degano e della novella dell’articolo 182-ter anche per la procedura di composizione della crisi prevista dalla legge 3/2012.
Una lettura comunitariamente e costituzionalmente orientata permetterebbe di ammettere la riduzione del pagamento dell’Iva qualora la liquidazione patrimoniale del debitore civile non fosse più conveniente (si veda Tribunale Torino 7 agosto 2017; Tribunale di Pistoia 26 aprile 2017). Tale interpretazione ha trovato già espressa conferma per l’esdebitazione ex articolo 142 della legge fallimentare nella giurisprudenza comunitaria, la quale ha escluso che la non esigibilità dell’Iva all’esito di tale procedura configuri un aiuto fiscale di Stato (Corte di giustizia europea 16 marzo 2016, causa C-493/15 Identi).
VEDI IL GRAFICO: Le condizioni