L’atto notificato con posta privata è inammissibile
È inammissibile il
La vicenda trae origine da un ricorso proposto a mezzo di posta privata, dichiarato inammissibile sia dalla Ctp sia dalla Ctr.
Il contribuente ricorreva così in Cassazione, lamentando la violazione della norma in materia di liberalizzazione del servizio postale.
La Corte ha innanzitutto ricordato che nonostante la liberalizzazione dei servizi postali, le notificazioni a mezzo posta e di comunicazioni connesse con atti giudiziari, devono essere affidati in via esclusiva a Poste Italiane spa, ossia al fornitore universale del servizio.
Tra questi, sono incluse le notifiche a mezzo posta degli atti tributari sostanziali e processuali (Cassazione, sentenza 27021/2014).
Sul punto, peraltro, anche le Sezioni unite (sentenza 13452/2017), più in generale, hanno rimarcato l’esclusiva di Poste Italiane s.p.a. per i servizi di notificazione a mezzo posta.
Nella specie, la notifica del ricorso attraverso il servizio privato doveva considerarsi inesistente e come tale non suscettibile di sanatoria (Cassazione, sentenza 20306/2017).
Peraltro, tale modalità era stata utilizzata anche per il ricorso avverso Equitalia, nonostante la norma espressamente consenta solo la consegna diretta del plico.
In tale contesto occorre segnalare che la legge sulla concorrenza ha previsto con decorrenza 10 settembre 2017 la soppressione dell’attribuzione esclusiva di Poste Italiane spa per i servizi inerenti le notificazioni e comunicazioni di atti giudiziari. Tuttavia, poiché la norma disciplina espressamente l’entrata in vigore, secondo i giudici di legittimità, non può avere alcuna efficacia retroattiva, non avendo natura interpretativa. La Suprema Corte ha così precisato che ciò costituisce ulteriore conferma dell’irretroattività della norma.
La decisione desta qualche perplessità, soprattutto alla luce di alcune recenti pronunce.
Le Sezioni unite (sentenza 13452/2017), in tema di deposito della ricevuta di spedizione dell’appello notificato per posta, hanno dato rilievo, in estrema sintesi, alla sostanza più che alla forma: l’eventuale vizio, infatti, può ritenersi sanato se dai documenti in atti, i termini risultano rispettati.
Obiettivamente, quindi, mal si comprende perché nella vicenda esaminata, nonostante fosse pacifica la ricezione del ricorso del contribuente da parte dell’amministrazione, sia stato, di fatto, attribuito rilievo solo alla forma.
Cassazione, ordinanza 23887/2017