Controlli e liti

L’atto presupposto è impugnabile con il successivo solo se non notificato

La Ctr Lazio sul processo tributario

IMAGOECONOMICA

di Fabrizio Cancelliere e Gabriele Ferlito

L’atto presupposto può essere impugnato unitamente al successivo solamente nell’ipotesi in cui il primo non sia stato validamente notificato o non sia stato portato ritualmente a conoscenza del contribuente. Pertanto, in presenza di regolare notifica dell’atto presupposto, non impugnato nei termini di legge, non è più consentito al contribuente sollevare vizi relativi a tale atto, neppure attraverso l’impugnazione di un successivo atto che costituisca solo l’ulteriore sviluppo procedimentale del precedente. È quanto affermato dalla Commissione tributaria regionale del Lazio con la sentenza 154/6/2020 (presidente Panzani e relatore Caputi).

Le 11 cartelle e l’intimazione
La vicenda origina dalla notifica nei confronti di un contribuente di una intimazione di pagamento riferita a 11 cartelle esattoriali.

Il contribuente impugna l’intimazione di pagamento, protestando anzitutto l’omessa notifica delle prodromiche cartelle e, in subordine, l’intervenuta prescrizione dei debiti erariali e l’illegittimità degli interessi richiesti in pagamento per mancanza di puntuali indicazioni sui relativi criteri di calcolo. Sia i giudici di primo grado sia i giudici di appello respingono le contestazioni del contribuente.

Partendo dal primo aspetto messo sotto accusa, i giudici, valutata la documentazione prodotta in atti da controparte, ritengono correttamente notificate tutte le cartelle di pagamento prodromiche all’intimazione.

Su queste basi, precisano che qualsivoglia rimostranza avanzata dal contribuente con riferimento agli atti presupposti rimane preclusa, in quanto non tempestivamente dedotta entro il termine di decadenza posto a garanzia della certezza dei rapporti giuridici e della stabilità degli atti amministrativi dall’articolo 19 del Dlgs 546/1992.

Del resto, proseguono i giudici, il rispetto del termine di decadenza per l’impugnazione impone l’inammissibilità di eventuali domande giudiziali tutte le volte in cui si pretenda di contestare un successivo e distinto atto della sequenza procedimentale, dopo non aver impugnato nei termini l’atto che realizza la asserita lesione degli interessi del contribuente.

L’ultimo atto, quindi, rimane impugnabile solo per vizi propri, e non come conseguenza di asseriti vizi riferibili all’atto presupposto.

L’eccezione alla regola
L’unica deroga a questo principio è rappresentata, appunto, dalle ipotesi di mancata o errata notifica dell’atto presupposto, che preclude in radice ogni possibilità di impugnazione. Solo in questo caso, infatti, l’impugnazione del primo atto successivo del quale il contribuente abbia notizia può essere estesa all’atto presupposto non notificato o non portato ritualmente a conoscenza del contribuente. Deroga che, tuttavia, non può trovare applicazione nel caso di specie, stante la regolarità della procedura di notifica delle cartelle di pagamento presupposte.

Premesso tutto ciò, la Ctr rigetta anche la contestazione afferente agli interessi, rilevando l’assenza di un obbligo di esplicitazione in cartella del calcolo di tali somme, che risponde a mere operazioni aritmetiche di valori stabiliti normativamente in virtù dell’iscrizione a ruolo.

In definitiva, la Ctr rigetta l’appello del contribuente condannandolo altresì al pagamento delle spese di lite.

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