L'avviso non può ignorare le memorie difensive
Strada sbarrata all'avviso di accertamento che non spiega perché le memorie difensive sul processo verbale di constatazione (pvc) non abbiano trovato accoglimento. A stabilirlo è la sentenza 3467/1/2014 della Ctr Lombardia (presidente Borgonovo, relatore Fucci).
Dopo aver subito una verifica fiscale, una società ha presentato (in virtù dell'articolo 12, comma 7, dello Statuto del contribuente) una memoria, nella quale ha contrastato i rilievi contenuti nel pvc emesso a conclusione delle operazioni di controllo.
Le risultanze della verifica sono state integralmente fatte proprie dall'ufficio accertatore e quindi la società ha proposto impugnazione contro l'avviso di accertamento che ne è scaturito.
Nel ricorso, la società ha lamentato – oltre all'infondatezza nel merito della pretesa erariale – l'assenza di una motivazione in merito alle ragioni sviluppate nella memoria difensiva. Nell'atto di controdeduzioni, l'agenzia delle Entrate ha eccepito l'insussistenza di un proprio obbligo a fornire nell'atto impositivo il benché minimo commento sulle osservazioni e sui documenti contenuti nelle memorie difensive del contribuente, sostenendo che l'ufficio accertatore non sarebbe tenuto ad alcuno sforzo motivazionale al riguardo, essendo sufficiente la totale conferma dei rilievi proposti in seno al pvc, quale «manifestazione tacita» della valutazione di rigetto delle memorie.
La società ha impugnato la sentenza di primo grado - parzialmente favorevole - riproponendo le proprie tesi, compresa quella relativa al lamentato difetto di motivazione.
La Ctr ha accolto l'appello e ha dichiarato integralmente nullo l'avviso di accertamento per vizio motivazionale. I giudici hanno chiarito che gli uffici non possono ignorare le memorie difensive dei contribuenti, così come non possono aggirare il correlato obbligo di motivazione avvalendosi di mere formule di stile (nel caso in esame l'accertamento riportava che la società «ha prodotto memorie al pvc ex articolo 12, comma 7, della legge 212/2000, di cui l'ufficio ha tenuto conto nell'elaborazione e stesura del presente atto»).
Per la sentenza un simile comportamento «vanifica il contraddittorio procedimentale instaurato dalla società contribuente, rendendolo inutile», laddove la legge «attribuisce al contribuente la facoltà di instaurare il contraddittorio proprio in una fase precedente all'eventuale emanazione dell'atto quale modalità preventiva di esercizio del proprio diritto di difesa finalizzata a confrontarsi con l'amministrazione anche allo scopo di pervenire ad una maggiore ponderazione degli addebiti mossi in sede di pvc».
Da ciò discende – anche se non espressamente contemplata dalla legge – la nullità dell'atto impositivo. A sostegno di questa conclusione, i giudici milanesi hanno richiamato i principi della sentenza 18184/2013 delle Sezioni unite della Cassazione, che ha statuito l'invalidità – pur in assenza anche di un'esplicita previsione legislativa – dell'avviso di accertamento emesso prima del decorso del termine dilatorio di 60 giorni dalla consegna del processo verbale di constatazione.