Imposte

L’e-commerce sconterà l’imposta nel paese di arrivo

di Alan Rhode

Dal 1° gennaio 2021 l’Iva sulle vendite e-commerce a consumatori europei sarà sempre dovuta nello Stato di destinazione dei prodotti, a prescindere dal volume d’affari generato dal “merchant”. Nel complicato sistema attualmente in vigore, invece, l’Iva sulle vendite a distanza si applica nello stato di partenza dei prodotti fino a quando il venditore non raggiunge una specifica soglia di volume d’affari annuo nello Stato di destinazione (da 35.000 a 100.000 euro, a seconda dello Stato). Una volta superata la soglia dello Stato Ue d’arrivo, tutte le successive vendite a distanza verso tale territorio diventano imponibili Iva in quest’ultimo (per un determinato lasso temporale). L’attuale sistema impone al venditore di monitorare costantemente i ricavi generati in ciascun Stato europeo e, soprattutto, d’identificarsi a fini Iva dove abbia superato le soglie, con notevole dispendio economico. Dal 2021, i venditori e-commerce dovranno, si, applicare sempre l’Iva dello Stato Ue di destinazione dei prodotti (fin dalla prima vendita), ma potranno dichiarare e versare l’Iva estera autonomamente utilizzando il Moss, l’interfaccia digitale già in uso per i servizi digitali dal 2015. Nessun obbligo, pertanto, di dotarsi di una partita Iva in altri Stati Ue. Inoltre, l’impresa venditrice continuerà ad applicare le regole di fatturazione del paese europeo dov è stabilita; notevole semplificazione rispetto all’attuale regime, che impone al venditore sopra-soglia d’apprendere le regole di certificazione fiscale di altri Stati.

Con la riforma, sempre dal 2021, scatta la rimozione della franchigia Iva per le importazioni (da 10 a 22 euro) e la previsione di una responsabilità Iva per i marketplace che facilitino la vendita di prodotti di valore fino 150 euro, ove i prodotti siano spediti al consumatore direttamente da un territorio extra-europeo. Inoltre, una proposta di direttiva della Commissione dello scorso ottobre prevede che, dal 2022, anche gli scambi intracomunitari di beni destinati a «operatori economici» siano soggetti all’Iva nello stato Ue di destinazione, con applicazione del tributo da parte del venditore e contestuale utilizzo del Moss. Tale sistema definitivo sostituirà l’attuale regime transitorio, che prevede una cessione non imponibile nello Stato membro di partenza e un acquisto intracomunitario soggetto a Iva nello Stato Ue d’arrivo, con l’acquirente tenuto al versamento dell’imposta.

Unica eccezione, in una prima fase, se la vendita sarà rivolta a un «soggetto passivo certificato»; l’Iva qui continuerà ad essere rilevata dal cessionario mediante reverse charge. Nell’ambito di un regime armonizzato, saranno i singoli stati Ue a certificare quali operatori locali hanno lo status di soggetti passivi certificati e beneficiare della semplificazione. La certificazione fornita da uno Stato membro varrà in tutta l’Unione. Dopo cinque anni il regime definitivo di tassazione Iva nello stato dell’acquirente sarà esteso anche alle forniture transfrontaliere di servizi verso operatori economici.

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