Professione

L’obbligo di Pos resta ancora senza sanzione

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di Michele Brusaterra


Niente sanzione di euro 30, di cui all’articolo 693 del codice penale, in caso di mancata possibilità di effettuare pagamenti con carte di debito o di credito da parte di clienti di soggetti che effettuano attività di vendita di prodotti e di prestazione di servizi, anche professionali.

Questa, in estrema sintesi, la conclusione del Consiglio di Stato in merito alla oramai «annosa» questione del pagamento tramite Pos.

Ma andiamo con ordine. L’articolo 15, comma 4, del Dl 179/2012 stabilisce, ancora con decorrenza 30 giugno 2014, che «i soggetti che effettuano l’attività di vendita di prodotti e di prestazione di servizi, anche professionali» sono tenuti ad accettare i pagamenti effettuati tramite carte di debito e carte di credito.

Il successivo comma 5 del medesimo articolo 15, stabilisce, dal primo gennaio 2016, dopo le modifiche apportate dalla legge 208/2015, che con appositi decreti devono essere determinati i «termini e l’importo delle sanzioni amministrative pecuniarie anche in relazione ai soggetti interessati, di attuazione della disposizione di cui al comma 4 anche con riferimento alle fattispecie costituenti illecito e alle relative sanzioni pecuniarie amministrative».

Mancando, infatti, l’individuazione di apposite sanzioni, l’obbligo di accettazione dei pagamenti in questione è rimasta, nella pratica, lettera morta.

Come si legge dal parere del Consiglio di Stato del primo giugno scorso, il Mise ha chiesto il parere «sullo schema di decreto … concernente il regolamento recante la definizione delle modalità, dei termini e degli importi delle sanzioni amministrative pecuniarie …».

Il Consiglio di Stato, attraverso la corposa comunicazione appena citata, osservato che, in mancanza di disposizioni ad hoc che prevedono sanzioni minime e massime per l’obbligo in commento, il Mise ha fatto riferimento all’articolo 693 del codice penale che stabilisce che «chiunque rifiuta di ricevere, per il loro valore, monete aventi corso legale nello Stato, è punito con la sanzione amministrativa fino a trenta euro», con possibilità di pagamento in misura ridotta pari a un terzo, evidenzia che l’articolo 23 della Costituzione dispone che «nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge».

Pertanto, malgrado lo sforzo apprezzabile del Ministero, dopo aver richiamato una serie di sentenze della Corte Costituzionale in merito al richiamato articolo 23 della Costituzione, tra cui la sentenza 350/2007 secondo la quale, al fine di rispettare la riserva di tale articolo vi deve essere, quanto meno, la preventiva e necessaria determinazione di «sufficienti criteri direttivi di base e linee generali di disciplina della discrezionalità amministrativa» richiedendo, in modo particolare, che «la concreta entità della prestazione imposta sia desumibile chiaramente dagli interventi legislativi che riguardano l’attività dell’amministrazione», il Consiglio di Stato arriva alla conclusione che il comma 5, dell’articolo 15 del Dl 179/2012, non è rispettoso «del principio costituzionale della riserva di legge in quanto carente di qualsiasi criterio direttivo, sostanziale e procedurale» e, pertanto, non può essere applicata la sanzione di cui all’articolo 693 del codice penale.


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