L’occultamento di bilanci sussiste solo se c’è prova della loro esistenza
Per la Cassazione il reato di occultamento o distruzione di documenti contabili sussiste solamente se si prova l'istituzione delle scritture stesse che deve essere data dall'accusa altrimenti non vi sarebbe distinzione tra la fattispecie in esame e l'illecito amministrativo di omessa tenuta delle scritture contabili. Quest'ultima fattispecie (articolo 9, comma 1, del Dlgs 471/97) prevede la sanzione amministrativa da 1.000 a 8.000 euro. Questo principio è stato evidenziato dalla terza sezione penale, con la sentenza n. 7646 del 2019, a seguito di ricorso proposto avverso la sentenza della Corte di appello di Roma che aveva assolto per prescrizione l'imputato ma aveva confermato la pena per il reato (articolo 10 Dlgs 74/2000) relativo all'occultamento o distruzione della documentazione contabile relativa agli anni di imposta 2005 e 2006, accertato nel 2010.
Tale reato prevede infatti, fatti salvi i fatti che costituiscano ipotesi di più grave reato, la punizione con la reclusione da un anno e sei mesi a sei anni per chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, ovvero di consentire l'evasione a terzi, occulta o distrugge in tutto o in parte le scritture contabili o i documenti di cui è obbligatoria la conservazione, in modo da non consentire la ricostruzione dei redditi o del volume di affari .
Il ricorrente, a fondamento del proprio ricorso e a dimostrazione dell'illegittimità del provvedimento impugnato, evidenziava l'insufficienza e contraddittorietà della motivazione, nonché la violazione di legge, in ordine all'omesso accertamento dell'esistenza delle scritture contabili, anche in virtù del fatto che comunque era stato possibile ricostruire il volume di affari e, pertanto, il reato contestato non poteva ritenersi perfezionato. La Corte di Cassazione, ritenendo fondato il motivo sollevato dal ricorrente, ribadiva un principio già fatto proprio dai giudici di legittimità, richiamando espressamente la sentenza n. 1441 del 12 luglio 2017, terza sezione penale chiarendo espressamente che voleva dare continuità al suo nuovo orientamento.
La Cassazione ha ritenuto la motivazione della sentenza impugnata carente, non avendo individuato le circostanze da cui desumere l'istituzione delle scritture contabili e l'eventuale successiva distruzione o l'eventuale successivo occultamento, cedendo così il passo a una motivazione apodittica basata solo ed esclusivamente sul fatto che l'imputato avesse omesso di consegnare la documentazione contabile. In altri termini, per configurare la fattispecie delittuosa di cui all'articolo 10 del Dlgs 74/2000 è necessaria l'istituzione delle scritture contabili e l'effettiva produzione di un reddito di impresa, da cui può derivare appunto l'esigenza di uno specifico accertamento da parte dell'Autorità preposta, proprio per distinguere la fattispecie penale da quella amministrativa di omessa tenuta delle scritture contabili.
La condotta sanzionata penalmente è, pertanto, solo quella espressamente contemplata dalla norma, di occultamento o distruzione delle scritture contabili obbligatorie e non anche quella della loro mancata tenuta.