Controlli e liti

L’onere della prova per il Fisco non cambia sulle fatture false

La Suprema corte richiama l’istituto previsto nella riforma delle liti fiscali. Resta da chiarire la rilevanza delle modifiche contenute nella legge 130/22

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di Laura Ambrosi

La nuova norma sulla prova, introdotta con la riforma del processo tributario, non ha effetti in materia di fatture soggettivamente inesistenti. È questo, sebbene in via incidentale, che sembra emergere dall’ordinanza 31878 depositata giovedì 27 ottobre.

La vicenda trae origine da una rettifica dell’Agenzia dell’Iva su vendite di gasolio agricolo nei confronti di soggetti privi dei requisiti necessari. Secondo la Ctr, a conferma della decisione di prime cure, sussisteva nella specie la buona fede della contribuente.

La Cassazione, invece, applicando i principi in materia di fatture soggettivamente inesistenti, ha evidenziato che dinanzi al complesso quadro indiziario fornito dall'Ufficio, la contribuente non aveva assolto l’onere di dimostrare la propria buona fede. I giudici di legittimità hanno fornito alcune precisazioni alla luce della nuova norma introdotta dalla riforma della giustizia tributaria. Il comma 5 bis dell’articolo 7 del Dlgs 546/92 (introdotto con legge 130/2022) stabilisce che «l’Amministrazione prova in giudizio le violazioni contestate con l'atto impugnato. Il giudice fonda la decisione sugli elementi di prova che emergono nel giudizio e annulla l'atto impositivo se la prova della sua fondatezza manca o è contraddittoria o se è comunque insufficiente a dimostrare, in modo circostanziato e puntuale, comunque in coerenza con la normativa tributaria sostanziale, le ragioni oggettive su cui si fondano la pretesa impositiva e l’irrigazione delle sanzioni».

Secondo la Suprema corte, tale nuova formulazione ha ribadito l’onere probatorio gravante in giudizio sul Fisco in ordine alle violazioni contestate al contribuente, per le quali non vi siano presunzioni legali che comportino l’inversione dell’onere probatorio. Nella decisione è così precisato che la nuova norma non stabilisce un onere probatorio diverso o più gravoso rispetto ai principi già vigenti in materia, ma è coerente con le ulteriori modifiche legislative in tema di prova, che assegnano all’istruttoria dibattimentale un ruolo centrale.

Tale affermazione merita qualche riflessione. Innanzitutto, la verifica operata in sentenza della nuova norma rispetto alla vicenda esaminata, conferma la sua applicazione ai procedimenti in corso. I giudici tributari sono così già onerati di riscontrare che l’Ufficio abbia provato le violazioni contestate.

In secondo luogo, con il termine “materia” è verosimile che la Cassazione si riferisca al caso specifico esaminato (fatture soggettivamente inesistenti). Tuttavia, occorre considerare che di regola, gli Uffici si limitano a indicare meri sospetti sull'assenza di buona fede del contribuente. Ne consegue che se, come evidenziato nell’ordinanza, la nuova norma non influisce sull’onere probatorio in materia, di fatto continueranno a essere sufficienti meri indizi o supposizioni privi di concreti riscontri. Più in generale, il Fisco, salve le ipotesi di presunzioni legali, ha da sempre un onere probatorio a proprio carico che però può assolvere anche in via presuntiva. La prova fornita, però non dimostra l’asserita evasione del contribuente, il quale poi è onerato di smentire tesi talvolta astratte.

Occorre comprendere se, per la Cassazione, con la nuova norma la prova a carico del Fisco debba essere fondata su elementi concreti ed effettivi anche per le rettifiche fino a oggi basate su mere supposizioni.

In sostanza, a seconda dell’interpretazione, la modifica normativa potrebbe rappresentare un mero enunciato di principio ovvero imporre un differente onere a carico degli uffici. Sarebbe auspicabile la conferma di questa seconda ipotesi.

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