Imposte

L’unione civile elvetica evita l’imposta di donazione

La sentenza 7428/2021 della Cassazione: non imponibile il bonifico del residente in Svizzera al compagno che è in Italia

di Antonio Longo

La donazione non formalizzata di una somma di denaro in Svizzera da parte di un cittadino australiano al proprio compagno residente in Italia non è soggetta a imposta di donazione nel nostro Paese. Questo il principio stabilito dalla Cassazione nella sentenza 7428 del 17 marzo 2021 (e nella successiva sentenza 8175/2021) che ha il pregio di affrontare i molteplici aspetti civilistici e fiscali che ruotano attorno a questa particolare fattispecie.

Più in dettaglio, la questione decisa riguarda l’applicabilità dell’imposta di donazione ad un trasferimento di denaro, a mezzo bonifico bancario, da un cittadino australiano residente in Svizzera al suo compagno statunitense residente in Italia. Donante e donatario erano legati da una unione domestica regolarmente formalizzata in Svizzera ai sensi della Legge federale sull’unione domestica di coppie omosessuali del 18 agosto 2004. Il bonifico era pervenuto da un conto corrente del donante presso una banca elvetica. L’agenzia delle Entrate aveva qualificato la dazione come una liberalità soggetta all’imposta di donazione in Italia con aliquota dell’8% e senza applicazione di franchigia, ritenendo irrilevante ai fini fiscali il vincolo “para-matrimoniale” disciplinato dalla legislazione straniera. La Ctp di Imperia aveva respinto il ricorso presentato dal contribuente. A seguito dell’appello, la Ctr Liguria aveva accolto parzialmente il gravame, qualificando la dazione di denaro tra persone legate da unione omoaffettiva come donazione tra “parenti” entro il quarto grado, con imposta del 6 per cento.

Il contribuente ricorreva così in Cassazione svolgendo due motivi: in primo luogo, l’errata applicazione della legislazione fiscale italiana ad un rapporto negoziale extraterritoriale; in secondo luogo, la errata qualificazione giuridica del ricorrente quale “parente” entro il quarto grado al posto di “coniuge”. La Cassazione si sofferma anzitutto sulla disciplina civilistica rilevante nella fattispecie oggetto di causa. L’operazione viene qualificata come donazione indiretta, rientrante nella categoria delle liberalità atipiche in grado di attuare, sia pure in via mediata, effetti economici equivalenti a quelli prodotti dal contratto tipico di donazione. Trattandosi di un’operazione negoziale con diversi profili di internazionalità, la Corte passa poi in rassegna la disciplina applicabile sulla base delle norme di diritto internazionale privato e delle convenzioni internazionali.

L’articolo 56 della legge 218/1995 stabilisce il criterio generale per cui le donazioni sono regolate dalla legge nazionale del donante al momento della donazione (nel caso di specie, la legge australiana). Tuttavia, nel caso di specie, la Corte ritiene rilevanti le disposizioni della Convenzione di Roma del 1980 sulla legge applicabile alle obbligazioni contrattuali, sostituita poi dal Regolamento 593/2009 (cosiddetto Regolamento Roma I), in virtù del richiamo previsto dagli articoli 13 e 57 della stessa legge 218/1995. Secondo l’indirizzo fatto proprio dalla Corte, la disciplina di diritto uniforme regolerebbe non solo gli atti di liberalità disposti mediante contratto, secondo quanto previsto dagli ordinamenti di civil law, ma anche i corrispondenti atti a titolo gratuito (gifts) propri del diritto anglosassone.

Rientrerebbero nel novero le donazioni indirette, le donazioni modali e il negotium mixtum cum donatione. L’ulteriore passaggio interpretativo è quello che porta ad escludere nel caso di specie la configurabilità di una donazione riconducibile al rapporto di «coniugio», che, alla stregua della donazione obnuziale e di quella mortis causa, sarebbe sottratta alla disciplina in esame. In base alla normativa sovranazionale, si applicherebbe la legge del paese nel quale la parte che deve effettuare la “prestazione caratteristica” del contratto ha la residenza abituale, in specie la legge svizzera (articolo 4 comma 2 del Regolamento). Passando quindi al profilo fiscale, secondo i giudici «occorre verificare se il fenomeno economico della donazione si sia verificato all’interno del territorio italiano» (sotto il profilo oggettivo sembra darsi per scontato che il trasferimento di denaro rientri nel novero degli atti tassabili; cfr. ordinanza n. 27665/2020).

Il criterio di territorialità dell’imposta sulle successioni e donazioni è fissato dall’articolo 2 del Dlgs 346/1990. Se il donante è residente in Italia, l’imposta è dovuta in relazione a tutti i beni e diritti trasferiti, ancorché esistenti all’estero; se il donante è residente all’estero, l’imposta è dovuta limitatamente ai beni e ai diritti esistenti in Italia. Nella specie, non era contestato che il denaro donato, con ordine di bonifico, da un cittadino australiano residente in Svizzera fosse stato trasferito in Italia su un conto corrente intestato al beneficiario ivi residente e che, al momento dell’atto di liberalità, le somme erano depositate sul conto corrente del donante in Svizzera.

Per queste ragioni, la Corte, richiamando espressamente la posizione della stessa agenzia delle Entrate (interpello 310/2019), ha concluso che in specie il denaro non si presume quale bene “esistente” in Italia. Manca quindi il presupposto della territorialità e il trasferimento non rileva ai fini dell’imposta sulle successioni e donazioni italiana.

Il secondo motivo di ricorso sulla aliquota applicabile è rimasto assorbito, non c’è stata quindi l’occasione di avere un pronunciamento sullo status derivante dalla unione omoaffettiva all’estero ai fini del tributo donativo e successorio in Italia (anche se incidenter tantum la Corte sembra aver escluso il rapporto di coniugio). In Italia alcune indicazioni si possono rintracciare nella disciplina prevista dalla legge 76/2016 (legge Cirinnà) sulle cosiddette “unioni civili” tra persone dello stesso sesso, che, tra le altre cose, ha esteso alle parti dell’unione civile le disposizioni sulle successioni legittime e sulla successione dei legittimari. In questo ambito, vi è una norma che, al “solo” fine di assicurare l’effettività della tutela dei diritti e il pieno adempimento degli obblighi derivanti dall’unione civile, stabilisce che le disposizioni che contengono le parole “coniuge” o equivalenti si applicano anche alle parti dell’unione civile. Tuttavia, nessuna disposizione è specificamente prevista in ordine al trattamento fiscale delle parti dell’unione civile, tanto più con particolare riferimento all’imposta di successione e di donazione.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©