Controlli e liti

La Cassazione limita i danni sui questionari del Fisco «trascurati» dai contribuenti

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di Stefano Mazzocchi

Il principio non è assoluto. Come sa bene chi si occupa di accertamento, in base all’articolo 32, comma 3, del Dpr 600/1973 le informazioni, gli atti, i documenti, i libri e i registri non trasmessi dal contribuente in risposta agli inviti del Fisco, «non possono essere presi in considerazione a favore del contribuente», né in sede amministrativa, né nell’eventuale fase contenziosa. Il problema è che spesso tali inviti spesso concernono i controlli sugli spesometri inviati dai contribuenti, in cui l’Agenzia richiede una copiosa documentazione da raccogliere in poco tempo.

Il principio di cui all’articolo 32 – che risponde alla ratio secondo cui li questionario serve ad assicurare un dialogo preventivo tra Fisco e contribuente (Cassazione, 16548/2018) – subisce alcune mitigazioni, ben individuate dalla Suprema corte. In particolare, affinché possa trovare applicazione tale disposizione, è necessario che il documento cui si riferisce la preclusione sia stato espressamente richiesto dall’ufficio (Cassazione, 13289/2011). Inoltre, la preclusione opera sempreché l’ufficio, con la richiesta, abbia:

informato il contribuente in merito alle conseguenze pregiudizievoli che derivano dall’inottemperanza alle richieste stesse;

fissato un termine minimo per l’adempimento richiesto negli inviti.

In caso di mancato rispetto di tale sequenza procedimentale (il cui onere probatorio è posto in capo al Fisco), non è invocabile la sanzione dell’inutilizzabilità della documentazione esibita dal contribuente solo all’avvio della lite. La norma, inoltre, non si applica a dati, notizie, atti, registri o documenti richiesti dal Fisco nel corso dell’istruttoria delle istanze di interpello (articolo 6, comma 3, del Dlgs 156/2015).

Tali cause di inutilizzabilità non operano, infine, nei confronti del contribuente che depositi in allegato all’atto introduttivo del giudizio di primo grado i documenti, i libri e i registri, dichiarando di non aver potuto adempiere alle richieste degli uffici per causa a lui non imputabile (articolo 32, comma 4, Dpr 600/73; Cassazione, 15021/2017, 22946/2014 e 14535/2018). Si ritiene che tale dichiarazione debba essere resa contestualmente alla produzione dei documenti (Cassazione, 21665/2010). Dinanzi alla preclusione di allegazione di documenti non forniti nella sede precontenziosa, non si applica l’articolo 58, comma 2, Dlgs 546/92, che consente alle parti nuove produzioni documentali nel corso del giudizio tributario di appello, rispetto a documenti su cui si è già prodotta la decadenza (Cassazione, 10489/2014 e 11528/2018).

Analogamente a quanto prevede il citato articolo 32, Dpr 600/73, dispone l’articolo 51, ultimo comma, del Dpr 633/72, in materia di Iva. Nel caso invece in cui il contribuente dichiari di non possedere i documenti che gli siano stati chiesti nel corso di un accesso, in linea generale tale circostanza osta alla possibilità di presentarli successivamente e quindi di utilizzarli in suo favore (Cassazione, 10527/2017). Inoltre, la “dimenticanza” del contribuente di possedere i documenti richiesti non presenta le caratteristiche di esimente (Cassazione, 21665/2010).

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