Controlli e liti

La Cassazione mette indietro le lancette sull’abuso

In due pronunce di nuovo sovrapposte evasione ed elusione

di Dario Deotto

Pericoloso dietrofront giurisprudenziale sull’abuso del diritto. Con due pronunce (sentenza 17827/21, depositata il 22 giugno, e ordinanza 17743/21, depositata lo stesso giorno), la Corte di cassazione ha sostanzialmente ripudiato tutta l’evoluzione - normativa e non solo – che c’è stata negli ultimi tempi sull’abuso.

Con sentenza 17827/21, la Corte è tornata a sovrapporre i diversi concetti di evasione e di elusione, ma ha anche nuovamente evocato lo spettro della causa concreta dell’operazione, che tanto ha “fatto presa” nell’erronea interpretazione dell’articolo 20 del registro.

Il caso è sostanzialmente questo: la società A aveva eseguito delle prestazioni nei confronti della società B. A e B sono partecipate dagli stessi soggetti (e il socio di maggioranza di entrambe è la stessa persona fisica). La società B, invece di pagare le prestazioni alla società A, concedeva un prestito alla stessa società A, guarda caso per lo stesso importo delle prestazioni ricevute. In questo modo la società A non aveva emesso fattura nei confronti di B.

Per la Corte «la necessità di apprezzare l’operazione nella sua essenza, per privilegiarne l’intrinseca natura e gli effetti giuridici rispetto al titolo e alla forma apparente, comporta che gli stessi concetti privatistici di autonomia negoziale finiscono per regredire, di fronte alle esigenze antielusive, a semplici elementi della fattispecie tributaria».

È chiaro, tuttavia, nonostante tutte le digressioni fatte dalla Cassazione, che qui la questione è banalmente riconducibile all’evasione. L’abuso del diritto non c’entra proprio nulla, così come non serviva fare riferimento alla causa concreta dell’operazione, che può generare i “mostri” del passato. Si è trattato di una dissimulazione bella e buona, che l’ufficio poteva smascherare anche attraverso presunzioni semplici, purché in presenza di elementi gravi, precisi e concordanti, che qui – a dire la verità - ci stanno tutti.

L’altra pronuncia è l’ordinanza 17743/21, attraverso la quale, in presenza di un vantaggio fiscale ritenuto legittimo (dalla stessa Corte), viene fatto un pericoloso dietrofront per verificare se vi sono state delle valide ragioni economiche sottostanti alle operazioni compiute.

Il caso è quello di una Sas trasformata in Srl che aveva conseguito un’importante plusvalenza derivante dalla cessione di due fabbricati. La società aveva anche optato per il consolidato, compensando il reddito conseguito (dato anche dalle plusvalenze realizzate) con la perdita della controllata. La Cassazione, in prima battuta, afferma che le operazioni poste in essere sono perfettamente legittime e «hanno comportato un risparmio d’imposta considerevole». Tuttavia, il contribuente avrebbe dovuto dare dimostrazione delle valide regioni economiche sottostanti alle operazioni effettuate (cosa che dovrà fare avanti al giudice di rinvio). Questo nonostante la pronuncia evochi l’articolo 10-bis dello Statuto, ancorché si trattasse di questione sorta all’epoca dell’abrogato articolo 37-bis del Dpr 600/1973.

Anche in questo caso si tratta di un inspiegabile (erroneo) ritorno al passato: quando il vantaggio risulta legittimo non c’è alcuna valida ragione economica (oggi sostanza economica) cui dovere dare dimostrazione.

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