Controlli e liti

La condotta frodatoria fa assumere rilevanza penale solo all’evasione

di Roberto Bianchi

Per effetto della delega contenuta nella legge 23/2014 è stato emanato il Dlgs 128/2015 sulla “certezza del diritto” che ha introdotto il nuovo articolo 10 bis della legge 212/2000, quest’ultima disciplinante le disposizioni in materia di “statuto dei diritti del contribuente”.
Viene pertanto sancito che configurano “abuso del diritto” le operazioni sprovviste di sostanza economica le quali, pur nel rispetto formale delle disposizioni tributarie, conseguono vantaggi fiscali indebiti.
Il comma 2 dell’articolo 10 bis reputa privi di sostanza economica «i fatti, gli atti e i contratti, anche tra loro collegati, inidonei a produrre effetti significativi differenti dai vantaggi fiscali», mentre la lettera b) del medesimo comma 2 precisa che, per privilegi tributari indebiti, si considerano «i benefici, anche non immediati, realizzati in contrasto con le finalità delle norme fiscali o con i principi dell’ordinamento tributario», i quali devono risultare essenziali rispetto a tutte le altre finalità perseguite dal contribuente, in modo che il perseguimento di tale vantaggio debba essere la finalità essenziale della condotta medesima (art. 5 co. 1 lett. b) n. 1) legge 23/2014). Al contrario il comma 3 dell’art. 10 bis specifica ulteriormente che non si reputano in ogni caso “abusive” “le operazioni giustificate da valide ragioni extrafiscali non marginali, anche di ordine organizzativo o gestionale, che rispondono a finalità di miglioramento strutturale o funzionale dell’impresa ovvero dell’attività professionale del contribuente”.
In merito alla irrilevanza penale dell’abuso, il co. 13 dispone che «le operazioni abusive non danno luogo a fatti punibili ai sensi delle leggi penali tributarie». In considerazione della menzionata disposizione, qualsivoglia diatriba circa la rilevanza penale delle condotte abusive in ambito tributario, paiono dover avere termine considerato che, come affermato dalla Suprema Corte, tra le condotte volte esclusivamente al perseguimento di una riduzione della base imponibile e gli illeciti tributari, vige una relazione di reciproca esclusione considerato che, uno scenario abusivo, si può rappresentare esclusivamente qualora le agevolazioni tributarie non siano in grado di essere sconfessate eccependo la trasgressione delle prescrizioni contenute nel Dlgs 74/2000, poiché la materia dell'elusione trova «applicazione solo residuale rispetto le disposizioni concernenti la simulazione o i reati tributari, in particolare, l’evasione e la frode, ... fattispecie che vanno perseguite con gli strumenti che l'ordinamento già offre» (Cass. Sent. n. 40272/2015 e Sent. n. 48293/2016).
Tuttavia l’esito a cui si è giunti potrebbe risultare superficiale e riduttivo. I comportamenti in abuso del diritto hanno perso il relativo rilievo penale e a tale conclusione si perviene non solo mediante la lettura del co. 13 dell’art. 10 bis della legge 212/2000 ma anche attraverso l’analisi delle novellate enunciazioni dei reati di cui all’art. 3 e all’art. 4 del D.Lgs. 74/2000 oltre che dalle rinnovate discipline di cui alle lett. g-bis) e g-ter) dell’art. 1 del medesimo decreto. La scelta si inserisce appieno nella revisione apportata dal Dlgs 158/2015 al regime delle sanzioni per dichiarazione infedele che ha inteso «limitare tendenzialmente la sfera applicativa della figura criminosa – priva di connotati di fraudolenza – al solo mendacio di dati oggettivi e reali». In tale ottica, di conseguenza, l’elusione fiscale ex art. 10 bis non poteva che essere “espunta”, come in effetti stabilito dal co. 13, dal novero delle condotte penalmente rilevanti.
L’evasione si realizza in tutte quelle situazioni che conducono a rappresentare risultati diversi da quelli previsti dalla normativa vigente. In questo contesto si può agevolmente affermare che l’evasione si realizza anche attraverso vicende di alterazione di fatti economici come ad esempio l’interposizione fittizia, la dissimulazione e la simulazione propriamente detta. Se un vantaggio fiscale lo si ottiene non rispettando la norma si è nell’ambito dell’evasione, come nel caso delle rettifiche fondate sull’antieconomicità di determinati componenti negativi di reddito, cosi come in tutte le fattispecie di alterazione dei fatti economici quale la dissimulazione.
Di conseguenza il comportamento del contribuente assume rilevanza penale esclusivamente qualora la condotta apparente del soggetto mostri una prerogativa fraudolenta, ingannatoria, che nasconde l'effettiva configurazione della vicissitudine sulla quale si proietta la condotta del soggetto attore, mascherandone i postulati e i reali effetti (Cass. n. 41755/2016).
La disciplina in esame pare aver così recepito l’orientamento della dottrina penalistica propenso, nel previgente assetto legislativo, a ritenere non applicabile alle condotte elusive la sanzione per dichiarazione infedele disciplinata dall’art. 4 del Dlgs 74/2000. In merito a ciò si evidenzia che tale disposizione, presupponendo l'indicazione di “elementi passivi fittizi”, avrebbe dovuto essere interpretata considerando un significato “naturalistico” del concetto di fittizietà, ossia nel senso dell’indicazione di elementi passivi ontologicamente inesistenti - e non, come nella circostanza di quelle accertate ex art. 37 bis, semplicemente inopponibili.

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