Contabilità

La deroga per le perdite 2020 estesa anche alle passività di anni successivi

Circolare Assonime 3/2021: posticipazione delle misure di ricapitalizzazione fino all'esercizio 2025

di Angelo Busani

La sospensione quinquennale dei provvedimenti relativi alle perdite delle società di capitali (disposta dall'articolo 6 del Dl 23/2020, come innovato dalla legge 178/2020) concerne non solo le perdite maturate nel 2020 ma anche quelle del 2019 rilevate nel 2020; inoltre, pure le perdite che maturino dal 2021 al 2025 devono intendersi comprese nella «disciplina di posticipazione delle misure di riduzione e ricapitalizzazione» e quindi della «attivazione dei rimedi a tutela del capitale» se ne parlerà soltanto nel 2026 e cioè alla chiusura del quinto esercizio successivo a quello 2020.

Queste le principali conclusioni cui giunge la circolare Assonime n. 3 del 25 febbraio 2021, che si candida a essere la bussola che orienterà i comportamenti aziendali e professionali del prossimo quinquennio.

Dopo aver definito come “suggestiva”, ma non praticabile, la tesi secondo cui il Codice civile sarebbe stato definitivamente modificato dal Dl 23/2020 nel senso di consentire il ripianamento quinquennale delle perdite anche al di fuori del periodo Covid, la circolare Assonime anzitutto definisce «coerente» (anche se «arduo») riferire la normativa in esame anche alle perdite anteriori al 2020, in quanto essa deve essere inquadrata «in un sistema di norme agevolative di varia natura tutte volte ad assicurare la continuità operativa delle imprese in un contesto di significativa difficoltà economica». Con ciò Assonime si pone in espressa antitesi con la contraria tesi espressa dal ministero dello Sviluppo economico n. 26890 del 29 gennaio 2021 (si veda l’articolo del Sole 24 Ore).

La circolare Assonime passa poi a esaminare il tema delle perdite che, a causa dell'epidemia, matureranno nel 2021 e negli esercizi successivi, al cospetto del dettato normativo che si riferisce testualmente alle «perdite emerse nell'esercizio in corso alla data del 31 dicembre 2020».

Il dato testuale, di primo acchito, indurrebbe a ritenere, in effetti, che l'incremento del deficit patrimoniale, rispetto alla perdita rilevata nell'esercizio in corso al 31 dicembre 2020, dovrebbe essere trattato come una perdita autonoma, con la conseguente meccanica applicazione dei provvedimenti di osservazione e di ripianamento dettati dagli articoli 2446 e 2447 del Codice civile, senza quindi beneficiare di alcun posticipo al 2026.

Assonime però sposa un altro orientamento e cioè sostiene che anche l'eventuale incremento delle perdite negli esercizi successivi al 2020 risulterebbe assorbito dalla disciplina di posticipazione delle misure di riduzione e ricapitalizzazione dettata dall'articolo 6,del Dl 23/2020, determinando l'attivazione dei rimedi a tutela del capitale soltanto alla chiusura del quinto esercizio successivo all'esercizio.

A sostegno di questa visione vi è l'idea che la norma in commento, se pure si riferisce alle società che presentino una perdita rilevante per l'esercizio in corso al 31 dicembre 2020, intende attribuire a tali società un idoneo periodo temporale per uscire dallo stato di difficoltà in cui si trovano nel 2020.

In altre parole, le società che si trovano in questa condizione sarebbero immesse in una sorta di percorso speciale e le eventuali perdite successive al 2020, che potrebbero essere fisiologiche anche in un percorso gestionale di recupero della redditività, non dovrebbero avere un autonomo rilievo, pena il venir meno della logica di aiuto che costituisce la “filosofia” di questa disciplina emergenziale.

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