Adempimenti

La dichiarazione Iva trascina in avanti anche le note di variazione per il 2019

Note di credito entro fine giugno

di Matteo Balzanelli e Massimo Sirri

Con la proroga dei termini per la presentazione della dichiarazione Iva al 30 giugno, gli operatori hanno più tempo per recuperare l’imposta in relazione agli eventi del 2019. Così, per esempio, sarà possibile emettere la nota di credito entro fine giugno in relazione al corrispettivo non incassato a seguito della chiusura del fallimento del debitore avvenuta nel 2019.

Il limite per il recupero
L’opportunità vale per tutte le fattispecie previste nel comma 2 dell’articolo 26 del Dpr 633/1972, secondo cui è possibile portare in detrazione l’imposta corrispondente a quanto (precedentemente fatturato e) non incassato per effetto di:
dichiarazione di nullità, annullamento, revoca, risoluzione, rescissione, e simili;
procedure concorsuali, accordi di ristrutturazione dei debiti omologati, piani attestati pubblicati nel registro delle imprese e procedure esecutive individuali rimaste infruttuose;
sconti o abbuoni previsti contrattualmente.

In tutti questi casi, la variazione può essere effettuata senza limiti temporali, quindi anche a distanza di anni rispetto alla fattura originaria che si va a stornare. È proprio l’assenza di un limite temporale la differenza fondamentale rispetto alle ipotesi previste nel successivo comma 3 della norma, che stabilisce invece un termine annuale.

Bisogna però fare attenzione. Nelle ipotesi di variazioni senza limiti temporali, il recupero dell’Iva è comunque condizionato al rispetto della tempistica di cui all’articolo 19 Dpr 633/72 per l’esercizio del diritto di detrazione, ossia il termine di presentazione della dichiarazione relativa all’anno in cui è sorto il diritto stesso. Nella sostanza, se è vero che non esiste un limite temporale tra il momento d’effettuazione dell’operazione da rettificare e quello dell’emissione della nota di credito, va comunque ricordato che la detrazione dell’imposta è condizionata al rispetto del termine normativo, da computarsi a partire dall’evento che legittima il recupero dell’imposta.

Il fallimento chiuso nel 2019
Consideriamo questo esempio. Alfa vanta un credito di 100, oltre 22 di Iva, nei confronti di una società fallita nel 2017. La procedura si è conclusa a dicembre 2019 e il credito viene soddisfatto per il 50 per cento. Per recuperare l’imposta, Alfa deve emettere la nota di credito entro il prossimo 30 giugno al fine di esercitare il diritto di detrazione nella dichiarazione relativa al 2019.

Come recentemente confermato dalle Entrate nella risposta 33 del 2020, l’emissione della nota di variazione è ammessa solo se il creditore si è insinuato nel fallimento e in ogni caso è subordinata all’infruttuosità della procedura (e non al mero avvio della stessa). Le medesime considerazioni sono estese alle altre procedure concorsuali, a quelle esecutive individuali, agli accordi di ristrutturazione dei debiti omologati e ai piani attestati.

Le soluzioni alternative
Al contrario, secondo la norma di comportamento Aidc n. 192/2015, la locuzione «rimaste infruttuose» andrebbe riferita solo alle procedure esecutive individuali, e non anche a quelle concorsuali, sicché l’operazione sarebbe rettificabile in diminuzione già in corso di procedura concorsuale, senza doverne necessariamente attendere la chiusura. In questo modo, peraltro, le tempistiche per il recupero dell’Iva e della perdita su crediti verrebbero ad allinearsi.

Nel ricordare che l’Italia ha scelto di riconoscere la facoltà della variazione in diminuzione per mancato pagamento e che spetta al singolo Stato membro regolarne le condizioni (direttiva 112/2006), non si può non evidenziare che la Corte di giustizia (C-246/16) ha affermato che non è possibile subordinare la rettifica all’infruttuosità di una procedura concorsuale, qualora una tale procedura possa durare più di dieci anni (come a dire un tempo eccessivo). Il principio giurisprudenziale potrebbe rappresentare l’occasione per una revisione della posizione delle Entrate, in modo da “aprire” alle variazioni in un momento precedente rispetto alla chiusura della procedura, come potrebbe essere, per esempio, l’ipotesi d’inesistenza di massa attiva e, quindi, di evidente infruttuosità. Del resto, lo spazio per un intervento anche solo di tipo interpretativo pare legittimo, visto che la norma fissa i tempi solo per le procedure individuali (articolo 26, comma 12), ma non per quelle concorsuali.

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