Controlli e liti

La mole di lavoro dell’agenzia delle Entrate non basta per compensare le spese

L’ordinanza 3220/2023 della Cassazione ribadisce che la regola della condanna alle spese di giudizio deve essere uguale per tutti e che trova applicazione anche nel giudizio di ottemperanza

di Dario Deotto e Luigi Lovecchio

La mole di lavoro degli uffici dell’Agenzia delle Entrate che ha determinato ritardo nella esecuzione del rimborso non costituisce una valida ragione per disporre la compensazione delle spese nel giudizio di ottemperanza. L’affermazione perentoria è contenuta nell’ordinanza n. 3220, depositata il 2° febbraio dalla Corte di Cassazione.

La vicenda riguardava un contribuente che aveva presentato una istanza di rimborso di imposte indebitamente versate e che aveva dovuto attendere l’esito sia del giudizio di primo e secondo grado, sia quello finale dinanzi alla Corte di Cassazione. Nonostante la sentenza di Cassazione, l’Ufficio non aveva ancora provveduto a erogare le somme dovute, costringendo così la parte privata ad attivare il giudizio di ottemperanza, previa notifica della prescritta intimazione ad adempiere.

Nelle more del giudizio di ottemperanza, finalmente, l’Ufficio provvedeva ad effettuare il rimborso. Il giudizio si concludeva con la cessazione della materia del contendere e con la compensazione delle spese giudiziali.

A supporto della decisione di compensazione, il giudice della ex Ctr rilevava che una eventuale condanna alle spese si sarebbe rivelata non giustificata «in considerazione dell’enorme mole dei rimborsi che l’ufficio ha dovuto e deve tuttora gestire, in applicazione della normativa sopra richiamata, mole che senz’altro giustifica i ritardi rilevati dalla controparte».

Il contribuente pertanto impugnava la pronuncia del giudice di secondo grado in Cassazione, eccependo l’illegittimità della disposta compensazione, alla luce della motivazione adottata dal Collegio di merito.

La Cassazione ha accolto le tesi del contribuente, osservando come la compensazione delle spese possa essere pronunciata solo qualora sussistano «gravi ed eccezionali ragioni che devono essere espressamente motivate” (articolo 15, Dlgs. 546/1992). Peraltro, costituisce orientamento consolidato del giudice di legittimità che il vizio di motivazione nella decisione di compensazione delle spese può essere fatto valere nel ricorso per Cassazione (Cassazione n. 2206/2019). Come ripetutamente affermato dalla Suprema Corte, inoltre, le gravi ed eccezionali ragioni devono ricercarsi, ad esempio, nella novità della questione, nella sussistenza di orientamenti giurisprudenziali difformi o nel sopravvenire di novità che hanno reso incerta la soluzione della questione. Ne consegue che eventuali difficoltà operative degli uffici periferici nel gestire determinati contenziosi non può in alcun modo rappresentare un valido motivo per disporre la compensazione delle spese. Da qui la cassazione della pronuncia con rinvio al giudice di secondo grado.

L’ordinanza o ribadisce pertanto ancora una volta, ove ce ne fosse davvero bisogno, che la regola della condanna alle spese di giudizio deve essere uguale per tutti e che la stessa trova applicazione anche nel giudizio di ottemperanza. Né i carichi di lavoro degli uffici possono rappresentare elementi rilevanti ai fini della decisione.

Per saperne di piùRiproduzione riservata ©