Imposte

La responsabilità di chi acquista rischia di frenare l’effetto sblocco

I cessionari dei crediti potrebbero essere costretti a effettuare controlli sulla detrazione

di Giuseppe Latour

Responsabilità solidale da escludere per chi acquista dalle banche, a distanza di mesi dai lavori che hanno prodotto l’agevolazione. L’emendamento depositato ieri dal Governo non sembra destinato a fermare la corsa delle continue modifiche sul superbonus. La prima sensazione del mercato è che, da solo, non possa risolvere una situazione che, mese dopo mese, è diventata sempre più intricata.

Anche perché, per il prossimo futuro, si sta profilando un nuovo problema: quello dei costi delle operazioni in crescita. Da novembre 2021 in poi, le regole in materia di 110% hanno portato sempre più controlli e verifiche da parte degli acquirenti. Una tendenza confermata dall’ultima circolare dell’agenzia delle Entrate (si veda Il Sole 24 Ore del 24 giugno). A questo, si somma il forte incremento dei tassi di interesse, che rende più costose le operazioni nelle quali un soggetto compra crediti da liquidare dopo diversi anni.

Così, nell’avviare un’indagine conoscitiva sulla cessione dei crediti, ieri la Commissione parlamentare di inchiesta sul sistema bancario e finanziario ha sottolineato due problemi: «Abbiamo riscontrato - ha detto la presidente della Commissione, Carla Ruocco - un significativo peggioramento dei tassi di sconto applicati alla cessione dei crediti e una forte riluttanza da parte degli istituti bancari ad accogliere le pratiche presentate».

Vendere, insomma, rischia di essere sempre meno conveniente. Anche perché, sulla testa di chi acquista i crediti fiscali, può pendere l’obbligo della cosiddetta diligenza rafforzata. Le Entrate, proprio con la circolare 23/E, hanno spiegato che, in caso di frode nella formazione del credito, l’acquirente può essere solidalmente responsabile se non adotta un livello di diligenza che «dipende dalla natura del cessionario».

Con l’emendamento appena proposto dal Governo, a comprare i crediti delle banche saranno soggetti che, per definizione, non sono consumatori. E che quindi hanno una qualificazione professionale particolare, con gli oneri che questo potrebbe comportare. Su questo punto stanno già arrivando richieste di chiarimento, perché il rischio concreto è che l’impresa (o il professionista) che acquista dalla banca debba ripetere i controlli. Un’operazione che nessuno vorrà accollarsi. E che potrebbe rendere inefficace l’emendamento.

Senza un canale di sfogo per gli istituti di credito, comunque, la situazione del mercato è destinata a restare particolarmente critica. Lo ha sottolineato ieri Confartigianato. Spiegando che, se le piccole imprese non potranno incassare i 5,2 miliardi di crediti fermi nei cassetti fiscali, si perderanno 47mila posti di lavoro. L’impatto sull’occupazione nel settore delle costruzioni, a causa del blocco del sistema, rischia di essere drammatico.

Sullo sfondo, infine, restano le proroghe non concesse. Ieri è partita l’ultima volata per unità indipendenti e villette: è scaduto, infatti, un primo termine per il 110% delle abitazioni unifamiliari. Da adesso in poi, potrà arrivare a fine 2022 solo chi, entro il 30 settembre prossimo, avrà effettuato lavori per almeno il 30% dell’intervento complessivo. E da ieri si stanno intensificando le richieste di spostare ulteriormente in avanti queste date.

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