Le Ati non possono ricevere notifiche per gli associati
Un’associazione temporanea di imprese (Ati) non è un soggetto tributario autonomo. A ribadire l’assunto è la Ctr Calabria (sentenza 3000/2/2017, presidente e relatore Prestinenzi), con cui i giudici tributari hanno evidenziato che l’Ati «si basa su un rapporto di mandato che non determina di per sé organizzazione o associazione degli operatori economi riuniti, ognuno dei quali conserva la propria autonomia ai fini della gestione, degli adempimenti fiscali e degli oneri sociali».
La vicenda trae spunto da un appalto per l’esecuzione di alcuni lavori di manutenzione a favore di un ente pubblico, vinto da un’Ati fra due imprenditori, cui l’amministrazione finanziaria contesta l’omessa fatturazione di alcune attività. Il Fisco, però, anziché procedere alla notifica della contestazione in capo ai singoli raggruppati, la ingiunge all’Ati come soggetto tributario autonomo. La difesa del contribuente, basata – oltre che su alcuni vizi procedurali – essenzialmente sulla contestazione dell’autonomia giuridica del raggruppamento, esce vincente dal vaglio della commissione di primo grado.
Il Fisco, comunque, appella. Bisogna premettere che l’Ati trova la sua formulazione giuridica – di ispirazione anglosassone, che ne conosce una forma molto nota nella classica joint venture – nel combinato disposto dato dagli articoli 34 del Dlgs 103/2006, 95 del Dpr 554/1999, 1703-1705 e 2932 del Codice civile. L’insieme di tale norme porta a ritenere che, come si è affermato in dottrina, che la costituzione di un’Ati non realizza l’istituzione di un soggetto giuridico nuovo. Lo dimostra anche il fatto che i singoli associati stipulano il contratto di appalto direttamente con il committente.
Di contro, l’amministrazione finanziaria, con alcune eccezioni, è sempre stata costantemente orientata a intravedere nella fattispecie in argomento un evidente profilo di autonomia tributaria; e questo sia quando l’oggetto dell’appalto è un’opera unitaria e indivisibile (si vedano Rm 13 agosto 1982, protocollo 147; Rm 30 marzo 1979, protocollo 571; Rm 17 novembre 1983, protocollo 782) sia quando si verifica un comportamento concludente degli associati, con contestuale rinuncia alla propria autonomia gestionale da parte degli stessi (si vedano Rm 28 giugno 1988, protocollo 550231; Rm 16 maggio 1989, protocollo 550763; Rm 24 settembre 1991, protocollo 500161; Rm 9 giugno 1992, protocollo 530742).
L’assunto del collegio calabrese è, invece, pienamente supportato da un altrettanto costante orientamento della giurisprudenza di legittimità. Fa scuola, in particolare, il precedente dettato dalla Cassazione, con sentenza 6791/2009. Secondo i giudici, è lo stesso tenore letterale del riferimento normativo della legge 584/1977 a escludere ogni ipotesi di autonoma soggettività tributaria, e questo addirittura nel caso in cui il raggruppamento si sostanzi in una società consortile.
Parte della dottrina ritiene però che la posizione della Cassazione, oltre che anacronistica rispetto all’evoluzione dei modelli contrattuali in uso, sia anche in contrasto con quanto, ad esempio, si è assunto a proposito delle società di fatto, cui invece è stata attribuita autonomia fiscale.
Ctr Calabria, sentenza 3000/2/2017