Contabilità

Le imprese chiedono al Governo di sospendere gli ammortamenti in bilancio

Deroga al Codice civile per gli anni 2020-2021, per mitigare le perdite causate dall’emergenza Covid

di Marco Mobili

Sospendere l’imputazione a conto economico degli ammortamenti di beni materiali e immateriali. A chiederlo al Governo sono le imprese per evitare di chiudere i bilanci 2020 con forti perdite generate principalmente dagli effetti sfavorevoli dell’emergenza sanitaria da Covid-19 e dalle misure di contenimento della pandemia.

Quello che chiedono le imprese è una deroga al codice al civile e in particolare all’articolo 2426 da inserire nel decreto di agosto che il Governo Conte punta ad approvare tra il 3 e il 6 agosto per rifinanziare la cassa integrazione in deroga, concedere una sospensione più lunga dei versamenti di tasse e contributi sospesi durante il lockdown, rinviare a novembre la ripresa della riscossione ordinaria (ci sono almeno 6,7 milioni di cartelle da notificare ai contribuenti) e sostenere comuni, regioni nonché i settori più colpiti dalla crisi economico-sanitaria come turismo e ristorazione.

La misura già chiesta a più riprese dall’intero sistema produttivo dovrebbe consentire alle imprese di non imputare fino al 100% della quota di ammortamento del costo delle immobilizzazioni materiali e immateriali potendo conservare in bilancio il valore che risulta dall’ultima iscrizione ossia nell’ultimo bilancio annuale approvato ante-pandemia. Si tratterebbe dunque di una sospensione degli ammortamenti a tempo e limitata: a tempo perché da riferire a due esercizi, ossia quello in corso, particolarmente pesante per tutte le imprese sotto il profilo delle perdite, e quello del bilancio 2021; limitata perché operativa solo sul piano civilistico, lasciando dunque la possibilità alle imprese di dedurre quote di ammortamento alle stesse condizioni e con gli stessi limiti previsti dagli articoli 102, 102-bis e 103 del Testo unico delle imposte sui redditi, a prescindere dall’imputazione della quota al conto economico. L’ipotesi di operare solo sul piano civilistico e non anche su quello fiscale renderebbe di fatto l’eventuale misura priva di effetti finanziari ai fini dei saldi di finanza pubblica e dunque non andrebbe “coperta”.

La ratio della misura è soprattutto quella di mitigare l’effetto delle perdite sui bilanci 2020 e 2021 anche per consentire al sistema produttivo in crisi di poter accedere al credito senza vedersi negare tale possibilità dagli istituti di credito. Una misura che punterebbe dunque a garantire l’accesso alla liquidità anche ad imprese che nei primi sei mesi del 2020 hanno registrato pesanti cali di fatturato e perdite consistenti. E questo ha riguardato sia le imprese obbligate alla chiusura per il contenimento dei contagi sia quelle rimaste operative ma colpite pesantemente dal calo della domanda.

L’ultima fotografia sui bilanci in rosso delle imprese è stata scattata dal Centro studi di Confindustria con il quarto monitoraggio dell’8 luglio scorso sugli effetti della pandemia. Secondo il Csc la perdita di giugno 2020 rispetto a giugno 2019 è stata del 24,5%, in miglioramento se si guarda a mesi come quello di aprile dove in pieno lockdown le imprese hanno subito perdite per il 48,4% rispetto allo stesso periodo del 2019. Ci sono poi territori in cui le perdite registrate a giugno sono ben più alte della media come la regione Toscana dove il calo del fatturato ha toccato il -37,7 per cento.

L’idea di derogare al codice civile sull'imputazione a conto economico degli ammortamenti ha già riscontrato consenso all'interno della maggioranza. Con un emendamento al decreto rilancio, non approvato anche se ampiamente valutato dai tecnici del Mef e delle Entrate e rimesso alla volontà politica del Governo, il Pd aveva di fatto trasformato in norma il principio contabile Oic29 che consente di rivedere la stima della vita utile dei cespiti materiali e immateriali nei casi di gravi situazioni di crisi o a fronte di eventi eccezionali. Ora il mondo delle imprese chiede al Governo di andare oltre e consentire, a prescindere dai principi contabili dell’Oic e dai suoi vincoli, la deroga piena ai bilanci e non solo quelli del 2020 ma anche quelli del 2021.

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