LE PAROLE DEL NON PROFIT/Terzo settore, l’adeguamento degli statuti offre un assist alle riorganizzazioni
Per gli enti non profit che si apprestano a modificare gli statuti per allinearsi alla riforma del Terzo settore, la fase di adeguamento potrebbe costituire l’occasione per effettuare riorganizzazioni del proprio assetto. Con l’introduzione del nuovo articolo 42-bis nel Codice civile, il Dlgs 117/2017 (Codice del Terzo settore o Cts) incoraggia queste operazioni, consentendo espressamente ad associazioni (riconosciute e non) e fondazioni di operare reciproche trasformazioni, fusioni o scissioni, purché questo non sia escluso dall’atto costitutivo dell’ente o dallo statuto. Così, ad esempio, un’associazione che voglia alleggerire la propria struttura potrà trasformarsi in fondazione; o, allo stesso modo, una fondazione di piccole dimensioni potrebbe scegliere di diventare associazione per evitare la nomina obbligatoria dell’organo di controllo.
Incidendo direttamente sul codice civile, la modifica normativa ha un’applicazione generalizzata a tutte le associazioni e fondazioni, sia che decidano di iscriversi al Registro unico del Terzo settore, sia che - volontariamente o per mancanza dei requisiti - ne restino fuori. Novità quest’ultima che mette fine ad un dibattito ultradecennale sulla possibilità di porre in essere operazioni straordinarie tra enti di questo tipo.
Vediamo quindi cosa dovrebbe fare un ente che intenda trasformarsi. In via preliminare, trovano applicazione alcune disposizioni previste dal codice civile per le società, in quanto compatibili, come ad esempio in materia di effetti dell’operazione, documentazione da predisporre e responsabilità verso i creditori (articoli 2498, 2500, 2500- bis, 2500-ter, comma 2, 2500-quinquies, 2500-sexies, 2500-nonies del Codice civile). Sotto il profilo operativo, specifici adempimenti sono a carico dell’organo amministrativo. Spetterà a quest’ultimo predisporre una relazione concernente la situazione patrimoniale dell’ente in via di trasformazione, con un elenco dei creditori aggiornato a non più di 120 giorni precedenti la delibera, redigere una relazione che illustri motivazioni ed effetti della trasformazione (in base all’articolo 2500-sexies, comma 2, del Codice civile), nonché una relazione di stima dei valori attuali degli elementi dell’attivo e del passivo (analogamente a quanto previsto per le società di persone che si trasformano in società di capitali - articolo 2500-ter, comma 2, del Codice civile).
L’atto di trasformazione deve avere la forma pubblica, con relativo intervento del notaio, ed è soggetto ad apposita pubblicità se l’ente è una fondazione o associazione riconosciuta. Nello specifico, l’operazione deve essere comunicata al Registro delle persone giuridiche - che provvede contestualmente a dare evidenza della cessazione dell’ente trasformato - ed ha efficacia decorsi 60 giorni dall’ultimo adempimento pubblicitario (termine nel quale i creditori potranno proporre opposizione, in base all’articolo 2500-novies del Codice civile). In ogni caso l’intera operazione avviene in continuità, come per le società: l’ente che deriva dalla trasformazione prosegue in tutti i rapporti giuridici dell’ente trasformato.
La facoltà introdotta dalla riforma è sicuramente una chance importante per gli enti, anche alla luce del particolare trattamento tributario previsto per questo tipo di operazioni. Va detto, infatti, che solo per gli enti del Terzo settore, trasformazioni, fusioni e scissioni saranno neutrali fiscalmente e sconteranno un’imposta di registro in misura fissa (200 euro). Un’agevolazione, questa, di grande importanza, se si considera che, per chi resta fuori dal Terzo settore, l’operazione continua ad essere considerata realizzativa dall’Amministrazione finanziaria, con l’applicazione di un’imposta proporzionale del 3% calcolata, laddove vi siano beni immobili, sul valore venale degli stessi (risoluzione 2/E/2019).