Le perdite riducono il reddito anche oltre l’80%
L’articolo 88, comma 4-ter, del Tuir stabilisce, con riguardo al concordato di risanamento, all’accordo di ristrutturazione dei debiti omologato di cui all’articolo 182-bis L.f., ovvero al piano attestato ai sensi dell’articolo 67, terzo comma, lettera d), della medesima legge, che la riduzione dei debiti dell’impresa non costituisce sopravvenienza attiva solo per la parte «che eccede le perdite, pregresse e di periodo, di cui all’articolo 84, senza considerare il limite dell’ottanta per cento...».
Questa norma sta generando qualche incertezza applicativa, perché la sua lettera non considera che le perdite pregresse maturate in un esercizio successivo al primo triennio di attività possono essere computate, ai sensi dell’articolo 84 del Tuir, a riduzione del reddito in misura non superiore all’80% del reddito imponibile. La disposizione si presta quindi almeno a due possibili interpretazioni, poiché in base alla sua lettera la quota imponibile della sopravvenienza da esdebitamento può corrispondere (alternativamente):
B all’ammontare integrale delle perdite pregresse disponibili, fermo restando l’impiego delle stesse nella misura dell’80% del reddito imponibile ai fini della determinazione del reddito tassabile. Ad esempio: a fronte di una riduzione dei debiti di 120 e di perdite pregresse per 100, l’eccedenza non tassabile ammonterebbe a 20 (= 120 – 100) e la quota tassabile della sopravvenienza attiva originerebbe un reddito per 100, il quale potrebbe essere compensato con le perdite pregresse solo nei limiti dell’importo di 80 e darebbe luogo quindi a un imponibile di 20;
C all’ammontare integrale delle perdite pregresse disponibili (come nell’ipotesi 1), ma potendo utilizzare - a riduzione del reddito imponibile dell’anno in cui la sopravvenienza si manifesta - anche la quota delle perdite eccedente l’80% del reddito tassabile di periodo, fino a concorrenza dell’intero ammontare della sopravvenienza attiva imponibile. Riprendendo l’esempio che precede, a fronte di una riduzione dei debiti di 120, l’eccedenza non tassabile ammonterebbe a 20 e la quota tassabile della sopravvenienza originerebbe un reddito d’esercizio per 100, il quale potrebbe però essere compensato integralmente per 100 e non darebbe quindi luogo ad alcuna imposizione.
In presenza di un testo della norma che può essere letto in due modi diversi occorre individuare la volontà del legislatore ricercando la ratio della disposizione di legge. Quella della norma in commento è da rinvenire nell’esigenza di non penalizzare l’attuazione delle procedure di risanamento, mediante la detassazione delle sopravvenienze da esse generate, evitando al contempo che rimangano utilizzabili perdite pregresse, di per sé atte a neutralizzare la sopravvenienza attiva originata dalla riduzione dei debiti; in caso contrario ne discenderebbe infatti per l’impresa debitrice un ingiustificato vantaggio.
Questo scopo è soddisfatto soltanto operando secondo l’interpretazione indicata sub 2), poiché solo in tal modo si evita l’emersione di un reddito tassabile dovuto esclusivamente alle sopravvenienze da esdebitamento e si impedisce al tempo stesso, in presenza di tali proventi, la conservazione di perdite pregresse per un importo a questi corrispondente.
Il software predisposto dalle Entrate per la compilazione della dichiarazione dei redditi non consente di computarle per intero a riduzione del reddito d’impresa, ma ciò non ha alcun rilievo ai fini di cui trattasi, posto che esso è stato predisposto con riguardo alla generalità dei casi di utilizzo delle perdite pregresse e non a una fattispecie peculiare qual è quella qui affrontata.