Controlli e liti

Le perdite «salvano» dal penale

di Antonio Iorio

L’agenzia delle Entrate con la circolare 15/E del 28 aprile scorso ha fornito le indicazioni sul calcolo dell’ imposta dovuta nell’ipotesi in cui il contribuente ha a propria disposizione delle perdite scomputabili dal maggior imponibile .

Il documento di prassi, in estrema sintesi, coordina diverse disposizioni secondo le quali l’imposta evasa va determinata sull’imponibile al netto delle perdite del periodo scomputandole così “automaticamente”.

Secondo questa previsione quindi pur in presenza di un accertamento , l’imposta pretesa dall’amministrazione sarebbe la stessa che il contribuente avrebbe versato se avesse fin da subito dichiarato il maggior imponibile.

La circolare, tuttavia, non affronta i possibili risvolti penali della nuova modalità di calcolo.

Innanzitutto, va ricordato che con la riforma del sistema sanzionatorio penale, è stata anche modificata la definizione di imposta evasa, prevedendo ora espressamente che non possa trattarsi dell’imposta teorica e non effettivamente dovuta collegata a:

•una rettifica in diminuzione di perdite dell’esercizio;

•perdite pregresse spettanti e utilizzabili.

Ne consegue, in buona sostanza, che, se a seguito di un accertamento ad una società, fosse ripresa a tassazione una base imponibile la cui imposta evasa superi la soglia di punibilità, non è detto che il reato sia commesso.

Potrebbe infatti verificarsi che la società in questione in quell’esercizio sia in perdita e, pertanto, computando il valore negativo, la base imponibile da tassare diminuisca con l’effetto che l’imposta evasa potrebbe scendere sotto la soglia penale.

Analogamente, potrebbe verificarsi che il contribuente abbia delle perdite degli anni precedenti da utilizzare per l’esercizio in contestazione, e quindi per effetto di tale valore negativo, la rettifica si traduca in un’imposta evasa sotto la relativa soglia penale.

In tale contesto, occorre considerare che la notizia di reato, quando deriva da controlli fiscali, può fondarsi sia sul processo verbale di constatazione sia sull’avviso di accertamento.

Tuttavia, solo per quest’ultimo, secondo le indicazioni contenute nella predetta circolare, sarà calcolata fin da subito la reale imposta dovuta, ossia sull’imponibile decurtato delle perdite di periodo. Va da sé, che in esito ad un accertamento sarà possibile concretamente verificare l’eventuale superamento della soglia penale.

Nel processo verbale di constatazione, invece, normalmente i verificatori si “limitano” al calcolo del maggior imponibile trascurando calcoli di sorta sulla reale imposta dovuta.

Occorrerà così comprendere, alla luce delle nuove previsioni normative, se tali verbali dovranno meglio verificare la posizione del contribuente così da consentire al Pm di disporre di tutte le informazioni utili per il calcolo corretto.

Questa novità interessa tutti i reati tributari la cui condotta scatta al superamento di una determinata soglia di imposta evasa: l’ipotesi più frequente riguarda la dichiarazione infedele, ma va considerato il calcolo anche per il reato di dichiarazione fraudolenta ovvero di dichiarazione omessa.

Se già dalla redazione del pvc non saranno effettivamente considerate le perdite del contribuente, si rischierà di inviare in Procura molteplici notizie di reato, che solo in seguito all’emissione dell’avviso di accertamento, si scopriranno in realtà sotto soglia.

È così auspicabile che sia guardia di Finanza sia agenzia delle Entrate, adeguino le proprie procedure già in sede di verifica.

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