Le sentenze di Cassazione su accertamento induttivo, mancata esibizione dei documenti e pubblicità
Induttivo se non si giustifica l’antieconomicità della gestione aziendale
In caso di accertata antieconomicità della gestione d’impresa, il contribuente è tenuto a giustificare la correttezza e/o la congruità del reddito dichiarato. Infatti la bassa redditività, le incongruenze riscontrate in contabilità, l’incoerente capacità di spesa, integrano gli indizi gravi, precisi e concordanti idonei a suffragare, ex se, la legittimità dell’accertamento.
• Cassazione, ordinanza 31925/2021
Nessuna disamina amministrativa se si rifiuta di esibire la contabilità
La mancata esibizione, durante la fase istruttoria amministrativa precedente il giudizio, dei libri, registri o documenti che sono rilevanti ai fini dell’accertamento, preclude l’esame del loro contenuto, a meno che il contribuente non abbia potuto adempiere alle richieste dell’Amministrazione per causa a lui non imputabile. Infatti la dichiarazione del contribuente di non possedere libri, registri o documenti specificamente richiesti dall’Amministrazione, integra il sostanziale rifiuto di esibizione e impedisce la valutazione degli stessi a suo favore, soltanto laddove non veritiera, cosciente, volontaria e dolosa.
• Cassazione, ordinanza 32608/2021
Induttivo con ricarico medio ponderato con merci disomogenee
Ai fini accertativi la determinazione della percentuale di ricarico medio non presuppone l’individuazione preventiva di un campione di articoli su cui effettuare il calcolo e neppure la loro distinzione in categorie omogenee.
Infatti il criterio della media aritmetica ponderata, a differenza della media aritmetica semplice, presuppone la disomogeneità degli articoli di merce venduta, cioè la presenza di articoli differenti per tipologia, valore e margine di ricarico praticato. In tal caso si può pervenire all’uniforme applicazione agli stessi, nella loro globalità, di una percentuale uguale e indistinta di ricarico.
• Cassazione, ordinanza 32983/2021
L’archiviazione penale non rileva nel processo tributario
Non assume alcuna rilevanza nel processo tributario la definizione con decreto di archiviazione della parallela vicenda penale riguardante operazioni soggettivamente inesistenti perché il giudice tributario non può attribuire alcuna autorità di cosa giudicata alla sentenza penale irrevocabile sui reati tributari.
Pertanto nel verificare se il contribuente sia consapevole dell'evasione d'imposta non può riferirsi solo alle risultanze del processo penale, ma deve valutare le ulteriori circostanze indizianti in base al complessivo materiale probatorio acquisito nel giudizio tributario.
• Cassazione, ordinanza 33310/2021
Censurabile la sentenza che riporta le ragioni di una sola parte
La sentenza, nella quale il giudice tributario si limita a riportare le ragioni esposte da una controparte senza prendere in alcuna considerazione quelle contrapposte dell’altra, può essere censurabile per oggettiva non completezza. In tal caso non emergono in modo chiaro, univoco ed esaustivo, le ragioni della decisione, così che sussiste un chiaro difetto di attribuibilità all’organo giudicante.
• Cassazione, ordinanza 33711/2021
Stop agli scostamenti percentuali fissi per ricavi con grave incongruenza
Per gli accertamenti basati sugli studi di settore la nozione di “grave incongruenza” dei ricavi dichiarati non può mai essere dedotta in via assoluta attraverso l'utilizzo di soglie quantitative fisse di scostamento percentuale. Infatti lo scostamento percentuale deve sempre essere adattato ai plurimi fattori propri della singola situazione economica, così da includere il periodo di riferimento, la storia commerciale, il mercato o settore in cui opera l’impresa.
Pertanto è inconferente la comparazione con realtà produttive di regioni italiane completamente avulse rispetto a quella in cui opera il contribuente.
• Cassazione, ordinanza 33794/2021
L’accesso regolamentato all'interporto non salva il logo dalla pubblicità
L’imposta di pubblicità è dovuta dall’impresa di autotrasporti che espone il proprio logo all’interno dell’interporto dove esercita la propria attività di movimentazione merci anche se esiste un regolamento per il suo accesso.
Non rileva, infatti, il fatto che quanti accedono nell’interporto si adeguino al regolamento che ne disciplina l’ingresso, perché il presupposto impositivo dell’imposta di pubblicità consiste sempre nell'astratta possibilità del messaggio pubblicitario, in rapporto alla sua ubicazione, di avere un numero indistinto di destinatari, divenuti tali anche solo per il fatto di trovarsi in quel luogo.
• Cassazione, ordinanza 33795/2021