Controlli e liti

Le spese di giudizio vanno rimborsate anche se il Fisco si ritira dalla lite

È ininfluente che l’impresa non abbia fatto rilevare l’infondatezza dell’atto. La decisione richiama la sentenza della Consulta sulla cessazione della lite

ADOBESTOCK

di Rosanna Acierno

È sempre legittima la condanna alla refusione delle spese di giudizio in capo all’ufficio che, dopo il ricorso proposto dal contribuente, si avvede della manifesta infondatezza dell’atto impugnato e chiede al giudice adito la cessazione della lite. Ciò, anche se prima di impugnare l’atto, lo stesso ricorrente non ha provveduto a far rilevare all’ente impositore, mediante memorie, osservazioni o istanze di annullamento, alcuna irregolarità. Non sussiste, infatti, alcun obbligo di legge di avviare procedure deflative del contenzioso prima della impugnazione degli atti impositivi. Sono queste le importanti conclusioni cui è giunta la Ctr Lombardia – sezione staccata di Brescia, con la sentenza n. 2597/25/2020 (presidente Frangipane, relatore Vicini) depositata il 12 novembre scorso, pronunciandosi sul caso in cui, dopo l’emissione di un atto impositivo, il contribuente propone ricorso per il tramite di un professionista abilitato (sostenendo pertanto dei costi per la difesa) e l’ufficio, avvedutosi della manifesta illegittimità dell’atto impugnato, si affretta ad annullarlo in autotutela e a chiedere al giudice tributario la cessazione della materia del contendere con compensazione delle spese di lite.

La vicenda

Anche nel caso oggetto della pronuncia in commento, infatti, una Srl impugnava un atto di irrogazione sanzioni (per circa 48mila euro) emesso dall’agenzia delle Dogane e Monopoli per gli anni 2012 e 2013 dinanzi alla Ctp di Mantova, eccependone l’illegittimità per evidente sproporzione a fronte, peraltro, di un recupero di accisa (per circa 10mila euro) derivante da un mero errore di compilazione della dichiarazione dei redditi e non da un omesso versamento.

Costituitosi in giudizio, l’ufficio delle Dogane rilevava di aver provveduto ad annullare l’atto in autotutela e, pertanto, chiedeva al giudice che venisse dichiarata l’estinzione del giudizio con compensazione delle spese di lite. La Ctpdi Mantova, pur prendendo atto dell’annullamento dell’atto impositivo e dichiarando la cessazione della lite, rilevava la soccombenza virtuale dell’ufficio per aver irrogato una sanzione manifestamente sproporzionata rispetto alla violazione formale commessa e, conseguentemente, lo condannava alla rifusione delle spese di lite quantificate in circa 2.500 euro. Nel proporre appello dinanzi alla Ctr Lombardia, l’ufficio contestava la condanna alle spese, eccependo che, prima di proporre ricorso, la società contribuente non aveva addotto le proprie ragioni agli accertatori.

La decisione

Nel respingere l’appello dell’ufficio, la Ctr Lombardia non solo ha confermato la condanna al pagamento delle spese del primo grado, ma ha anche stabilito la rifusione delle spese di lite per il secondo grado, precisando che non sussiste alcun dovere in capo al contribuente di far rilevare all’ente impositore, prima dell’impugnazione dell’atto impositivo, eventuali errori o irregolarità mediante la presentazione di memorie o istanze di annullamento. Inoltre, i giudici bresciani hanno fatto rilevare che, così come statuito dalla Consulta con la sentenza n. 274/2005, nel caso di cessazione della materia del contendere, la eventuale automatica compensazione delle spese si tradurrebbe, da un lato, in un ingiustificato privilegio per l’amministrazione finanziaria che ritira l’atto impositivo a seguito del riconoscimento della fondatezza delle ragioni del ricorrente e, dall’altro, in un pregiudizio per il contribuente obbligato ad avvalersi dell’assistenza tecnica di un difensore a pagamento.

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