Controlli e liti

Le stime Ute non possono supportare l’accertamento immobiliare

di Roberto Bianchi


Il giudice tributario non può considerare la stima dell’Ute o di altro ufficio tecnico adeguata a supportare da sola l’atto impositivo. Deve, infatti, riscontrare la sua idoneità a superare le contestazioni mosse dalla contribuente e a fornire la prova dei maggiori valori pretesi. A tale conclusione è giunta la Cassazione attraverso l’ ordinanza 11080/2018 .

La controversia riguarda un ricorso di una società contro un avviso di accertamento per maggior reddito Ilor. La Ctp aveva accolto parzialmente il ricorso, riducendo i maggiori ricavi, con sentenza confermata dalla Ctr. La Cassazione, con la sentenza 8886/2002, ha annullato la decisione di appello, rilevando che nella stessa non si affrontava in alcun modo il quantum dei maggiori ricavi, punto meritevole in via assorbente di un qualche approfondimento, considerato che la valutazione dell’ufficio impositore, già ridotta in primo grado alla stregua di rilievi che non risultavano in alcun modo verificati e che palesavano uno scostamento apprezzabile dalla stessa valutazione dell’organo tecnico, aveva costituito materia di gravame da parte della contribuente. Il giudice di rinvio ha annullato l’avviso di accertamento, ritenendo fondate le doglianze formulate in appello dalla contribuente e relative al modus operandi dell’ufficio nella procedura di rettifica in quanto, giungendo a conclusioni diverse, si sarebbe legittimata una evidente violazione dell’onere della prova.

Contro tale sentenza l’agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per Cassazione. La Suprema corte, con la sentenza 6640/2009, ha accolto il ricorso dell’ufficio per carenza di motivazione e la controversia, nuovamente riassunta, veniva decisa con la sentenza 19/12/2010 della Ctr Piemonte che, in parziale accoglimento dell’appello della contribuente, riduceva ulteriormente l’importo dei ricavi.

Contro tale ultima sentenza del giudice di rinvio, la contribuente ha presentato ricorso per Cassazione. La società ha dedotto la violazione degli articoli 2697 e 2727 del Codice civile, in relazione all’articolo 360, comma 1 n. 3, del Codice di procedura civile, nonché l’omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione ex articolo 360, comma 1 n. 5 del Codice di procedura civile. Secondo la ricorrente, il giudice avrebbe gravato la contribuente dell’onere di provare l’inattendibilità della stima Ute, invertendo l’onere probatorio ricadente sull’Amministrazione e valorizzando elementi privi dei requisiti di gravità, precisione e concordanza.

A parere del collegio di legittimità il motivo del ricorso deve essere accolto in quanto, in tema di accertamenti tributari, qualora la rettifica del valore di un immobile si fondi sulla stima dell’Ute o di altro ufficio tecnico - che assume il valore di una semplice perizia di parte - il giudice investito della relativa impugnazione, pur non potendo ritenere tale valutazione inattendibile in quanto proveniente da un’articolazione dell’Amministrazione finanziaria, non può considerarla di per sè sufficiente a supportare l’atto impositivo, dovendo verificare la sua idoneità a superare le contestazioni dell’interessato e a fornire la prova dei più alti valori pretesi, essendo altresì tenuto a esplicitare le ragioni del proprio convincimento (Cassazione, sentenza 9357/2015).

Cassazione, ordinanza 11080/2018

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