Controlli e liti

Indagini bancarie, legittimo l’accertamento sul conto corrente cointestato

Per la Cassazione il rapporto di cointestazione di per sé denota una stretta connessione

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di Alessandro Borgoglio

È legittimo l’accertamento bancario fondato sulle movimentazioni dei conti correnti cointestati. Lo ha stabilito la Cassazione, con la sentenza 1298/2020.
L’attività accertativa fondata sui risultati delle indagini finanziarie è disciplinata dall’articolo 32, comma 1, numero 2), del Dpr 600/1973 e, ai fini Iva, dall’articolo 51, comma 2, numero 2), del Dpr 633/1972: tali disposizioni prevedono che gli Uffici possano accertare i contribuenti, ponendo a base delle rettifiche i dati e gli elementi relativi ai rapporti finanziari, dei quali i soggetti controllati non dimostrino di averne tenuto conto nella determinazione del reddito soggetto ad imposta e che non si riferiscano ad operazioni imponibili; anche i prelevamenti o gli importi riscossi nell’ambito dei predetti rapporti sono altresì posti come ricavi o compensi qualora i contribuenti non ne indichino il beneficiario e sempreché non risultino dalle scritture contabili. Le norme poc’anzi illustrate stabiliscono una presunzione che la giurisprudenza di legittimità, con un orientamento ormai ampiamente consolidato, ha definito legale relativa, che, esonera, quindi, l’amministrazione finanziaria da qualsivoglia ulteriore prova (Cassazione 14806/2015, 16896/2014, 22540/2012).

La Corte costituzionale ha stabilito, con la sentenza n. 228/2014, che la presunzione legale che assiste i prelevamenti non si applica ai lavoratori autonomi: i prelevamenti, quindi, sono rilevanti sono per coloro che producono reddito d’impresa.

Circa la possibilità di estendere le indagini finanziarie ai conti correnti di soggetti terzi non destinatari dell’accertamento, la Suprema Corte ha recentemente stabilito che i movimenti bancari operati sui conti personali di soggetti legati al contribuente da stretto rapporto familiare o da particolari rapporti contrattuali possono essere riferiti al contribuente, salva la prova contraria a suo carico, al fine di determinarne i maggiori ricavi non dichiarati, in quanto tali rapporti di contiguità rappresentano elementi indiziari che assumono consistenza di prova presuntiva legale, ove il soggetto formalmente titolare del conto non sia in grado di fornire indicazioni sulle somme prelevate o versate e non disponga di proventi diversi o ulteriori rispetto a quelli derivanti dalla gestione dell’attività imprenditoriale: possono, pertanto, essere imputati a ricavi del contribuente accertato le movimentazioni relative ai conti correnti della madre, se il contribuente non fornisce al riguardo idonea prova della estraneità di tali movimentazioni alla sua attività di impresa (Cassazione 435/2020).

Inoltre, è stato ritenuto legittimo l’accertamento a carico di un professionista basato sulle indagini finanziarie espletate sul conto corrente della convivente (Cassazione 4775/2011), così come un accertamento destinato a un altro professionista basato formalmente sui conti intestati ai genitori, sui quali costui aveva la delega a operare (Cassazione 22089 e 22093 del 2018).

È legittimo, quindi, anche l’accertamento nei confronti di un imprenditore individuale fondato sui dati desunti dalle movimentazioni bancarie dei conti correnti della moglie e della figlia (Cassazione 21318/2010).

I giudici di legittimità, con la sentenza odierna, hanno stabilito che, se è consentito procedere all’accertamento fiscale anche attraverso indagini su conti correnti intestati a terzi, purché si abbia motivo di ritenere connessi ed inerenti al reddito del contribuente, a maggior ragione sono dunque possibili le indagini finanziarie in caso di conto corrente cointestato con un soggetto terzo, atteso che il rapporto di cointestazione denota di per sé una stretta connessione fra il contribuente accertato e il terzo contitolare del conto corrente bancario.

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