Legittimo l’atto se la notifica tardiva non è stata rilevata nel primo ricorso
È legittimo il provvedimento impositivo notificato oltre i termini di decadenza se il contribuente non ha eccepito la tardività nel ricorso introduttivo. A confermare questo principio è la Cassazione con l’ ordinanza 16803/2017 depositata ieri.
Un contribuente impugnava una cartella di pagamento derivante dal controllo automatizzato per omessi versamenti di imposte dovute per l’adesione al condono.
Con una memoria successiva integrava i motivi di ricorso eccependo che la notifica della cartella era avvenuta tardivamente, oltre cioè i termini di prescrizione.
La Ctp respingeva la tesi del contribuente, mentre la Ctr, in accoglimento dell’appello, confermava la tardività della notifica.
L’Agenzia delle Entrate ricorreva così in Cassazione lamentando che la decadenza dal potere di accertamento non può essere eccepita per la prima volta con motivi aggiunti.
La Suprema corte ha ritenuto fondato il ricorso dell’ufficio. La giurisprudenza di legittimità sul punto ha costantemente affermato il principio secondo il quale in tema di contenzioso tributario, la decadenza dell’Amministrazione dal potere di accertamento non è rilevabile d’ufficio in quanto è rimessa alla disponibilità della parte. Non può essere peraltro eccepita dal contribuente mediante la presentazione di motivi aggiunti, poiché l’integrazione delle eccezioni è consentita solo per contestare documenti non conosciuti in precedenza e depositati nelle more del processo.
In passato è stato ulteriormente precisato (sentenza 171/2015) che il termine di decadenza stabilito a carico dell’ufficio tributario per l’esercizio del potere impositivo, ha natura sostanziale.
Non concerne, infatti, diritti indisponibili dello Stato, ma incide unicamente sul diritto del contribuente di non vedere esposto il proprio patrimonio alle pretese del fisco, senza limiti di tempo.
Così è lasciata al destinatario di tale garanzia (il contribuente) la valutazione se eccepire l’eventuale intervenuta decadenza. Da ciò consegue che il “vizio”, non possa rilevarsi d’ufficio e va proposto con il primo atto introduttivo del giudizio.
Ne consegue che dinanzi al silenzio del contribuente, il provvedimento mantiene piena efficacia a prescindere dall’eventuale legittimità di merito dello stesso.
Cassazione, ordinanza 16803/2017