Controlli e liti

Liti fiscali: contro la riforma giudici pronti allo sciopero

L’associazione magistrati tributari boccia il Ddl: ha profili di incostituzionalità. Per l’Amt l’uscita a 70 anni porterà alla paralisi di gran parte delle commissioni

di Maria Carla De Cesari

«Astensione» dalle udienze tributarie. La richiesta arriva a gran voce da una parte dei giudici delle commissioni provinciali e regionali presenti al termine del VII congresso nazionale dell’Associazione di categoria (Amt). La prima versione della mozione, che ha concluso ieri la tre giorni di Modena, era stata giudicata morbida rispetto alla riforma approvata a maggio dal Governo e che domani inizierà l’iter in commissione in Senato, con una serie di audizioni. Lo scontento e il malessere – è stato il ragionamento – sono pesanti,si paventa il dubbio sulla legittimità costituzionale delle norme. Dunque, una parte dell’assemblea ha chiesto di mettere subito sul tavolo l’arma dello sciopero.

Dal contraddittorio tra la presidenza e l’assemblea alla fine è spuntato il compromesso di ribadire «lo stato di agitazione già proclamato» con la possibilità di assumere iniziative ulteriori compresa l’eventuale immediata astensione dalle udienze nel rispetto dei termini di legge». In questo modo, il vertice dell’Associazione magistrati tributari può graduare la protesta in base alle risposte delle forze politiche e del Governo e passare attraverso l’approvazione delle commissione di garanzia per lo sciopero.

I magistrati tributari lamentano uno stravolgimento dell’ordinamento della giustizia tributaria che comprometterebbe indipendenza e imparzialità del giudice attraverso l’organizzazione amministrativa delle commissioni tributarie affidata al ministero dell’Economia.

La futura geografia dei magistrati tributari con i nuovi giudici professionali a tempo pieno dal 2023 e, nel regime transitorio, la coesistenza degli attuali onorari rischia poi di paralizzare l’attività delle commissioni. Come ha detto la presidente dell’Associazione, Daniela Gobbi, la cessazione dell’attività a 70 anni, anziché a 75 come avviene oggi, provocherebbe entro il 31 dicembre l’uscita di 702 giudici, di cui moltissimi presidenti e vicepresidenti di commissione o di sezione. A poco o nulla potrebbe rimediare la previsione dell’assegnazione obbligatoria di giudici da altre sedi. Anzi il meccanismo è considerato lesivo della dignità dei giudici attuali. L’emorragia continuerebbe nel 2023 e nel 2024 con altre mille uscite, non compensate se non in minima parte dai concorsi annuali.

In questo quadro, la proposta dei giudici tributari è, nei cinque anni successivi all’entrata in vigore della riforma, mantenere l’età di cessazione dall’incarico a 75 anni, con una graduale riduzione negli anni successivi. Inoltre, si chiede che non siano limitati a tre i concorsi con i posti riservati agli attuali giudici per diventare magistrati a tempo pieno. Il reclutamento degli attuali giudici non togati non dovrebbe subire limitazione nel tempo e la quota di riserva andrebbe aumentata. Infine, si chiede un cambio della denominazione: non più commissioni, ma Tribunale e Corte d’appello tributari, così da segnare un punto a favore della competenza del ministero della Giustizia.

Alla giornata conclusiva ha partecipato il sottosegretario all’Economia, Maria Cecilia Guerra, che ha preso atto delle critiche, aprendo a cambiamenti in sede parlamentare. Lo stesso ha fatto Luciano D’Alfonso, presidente della commissione Finanze del Senato, secondo cui c’è spazio per rimodulare la normativa e valorizzare l’esperienza degli attuali giudici. In questo senso si è espressa Vita Martinciglio, M5s, della commissione Finanze della Camera.

Dal consigliere di Cassazione Luca Varrone e da Giacomo Caliendo (senatore di Fi) è stato posto l’accento sul problema Cassazione, dove si registra un pesante arretrato tributario. Se si vuole uscire da quello che è ritenuto il vero cul de sac della giustizia tributaria sarà necessaria una sanatoria delle liti pendenti.

Dal punto di vista processuale la riforma dovrebbe dare maggiore slancio al contraddittorio, hanno detto i professori di diritto tributario, Adriano Di Pietro e Massimo Basilavecchia.Infine, la questione dei laureati in Economia: i concorsi per la nuova magistratura vanno aperti anche a loro, perché nel processo tributario occorrono competenze specialistiche e multidisciplinari, come quelle aziendalistiche. I giudici tributari sono d’accordo con il Consiglio nazionale dei dottori commercialisti, rappresentato nella giornata conclusiva del congresso, dal consigliere Rosa D’Angiolella.

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