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Lo shopping sulle tasse per il dividendo elettorale

di Salvatore Padula

L’accordo sulla delega fiscale, raggiunto giovedì scorso dopo un breve vertice di maggioranza, va naturalmente accolto con favore. Certo, è solo un punto di partenza, o di “ripartenza”, che nasconde ancora molte trappole e insidie. A partire da quelle sui tempi: sarà possibile approvare rapidamente il testo in due rami del Parlamento e poi procedere immediatamente con l’approvazione dei decreti attuativi? Qualche dubbio è legittimo. Ma, d’altra parte, a tutti è chiaro quanto il fisco abbia bisogno di un reale cambio di passo nella direzione dell’equità, della semplificazione e della certezza delle norme tributarie. E a tutti è altrettanto chiaro come, insieme a questi obiettivi, un intervento di riforma del sistema di prelievo debba al tempo stesso rispondere alla non più rinviabile urgenza di favorire e sostenere una crescita economica duratura, con particolare attenzione all’abnorme peso della tassazione dei fattori produttivi, elemento non a caso giustamente messo in luce dalle commissioni Finanze di Camera e Senato nel loro documento conclusivo dell’indagine conoscitiva sul riordino fiscale.

Il Parlamento, quindi, riprenderà subito dopo la pausa elettorale per le amministrative e i referendum del 12 giugno l’esame del disegno di legge delega approvato dal Governo il 5 ottobre dello scorso, e che si era incagliato i primi giorni aprile, tra le liti e i dissidi all’interno dell’articolata maggioranza che sostiene il governo Draghi. L’intesa sul Catasto e quella sul sistema duale (che di fatto, almeno leggendo il testo sul quale i partiti avrebbero convenuto, viene molto annacquato e depotenziato, anche se si continua a parlare di «progressiva revisione») sbloccano un testo che, tuttavia, continuerà presumibilmente a vedere i partiti della maggioranza divisi su questo o quell’altro argomento.

Il primo “caso” non ha tardato a palesarsi. Solo poche ore dopo l’intesa, è stata Maria Cecilia Guerra, sottosegretaria al Mef ed esponente di Leu, a dichiarare che il suo partito non voterà le modifiche all’articolo 2 (Irpef) che riguardano il sistema duale: proprio uno dei temi oggetto dell’accordo di maggioranza del giorno prima. Come dire, se il buongiorno si vede dal mattino non è difficile immaginare che la delega fiscale avrà un cammino tutt’altro che sereno, viste le visioni così diverse tra i partiti e vista le delicatezza di molti temi ancora da affrontare: dal riordino dell’Ires e della tassazione del reddito d’impresa sino al progressivo superamento dell’Irap; dal potenziamento degli strumenti per l’analisi del rischio fiscale in chiave di contrasto dell’evasione sino al tentativo di razionalizzare Iva e altre imposte indirette (cosa mai semplice, tanto meno in una fase come questa di elevata inflazione).

Insomma, il rischio – ma l’auspicio è che sia solo una sensazione sbagliata – è che non si proceda con l’esame e l’approvazione di un disegno organico e coerente di riforma. Ma che si commetta l’errore più grave da immaginare. Ovvero, di mettere l’uno sull’altro molti interventi settoriali, ma, appunto, slegati tra loro.

È impossibile non vedere uno strettissimo legame tra quel che accadrà fin dalle prossime settimane nel dibattito parlamentare sulla delega fiscale e l’appuntamento con le elezioni politiche tra meno di dodici mesi: lo scenario che si prefigura è quello che spingerà ogni partito a cercare di raggiungere i propri obiettivi. I successi da presentare ai propri elettori, quelli da utilizzare durante una campagna elettorale (già iniziata) e che sarà lunghissima. Per poter piantare queste bandierine, ogni partito sarà disposto a concedere qualcosa agli altri “colleghi” della maggioranza. I quali, pure, avranno così un trofeo da mostrare ai propri simpatizzanti ed elettori in vista del voto della prossima primavera.

Questa modalità, che sembra una sorta di “shopping” nelle opportunità delle delega fiscale, è già sotto i nostri occhi e l’accordo di questi giorni ne porta ben evidenti le tracce (e le bandierine).

Qualche esempio? Sul Catasto, l’intesa che riscrive il testo della delega escluderebbe ogni rincaro delle imposte immobiliare e sancisce – almeno a livello mediatico – il successo della Lega e di Forza Italia. Poco importa, in fondo, se l’eventualità di questi aumenti non fosse prevista neppure nel testo precedente e se ora, comunque, Comuni e agenzia delle Entrate potranno attivare meccanismi che potrebbe avere l’effetto di far cresce il peso del fisco sul mattone, ponendo qualche incognita sul “successo” di Salvini e Tajani. Del depotenziamento del sistema duale abbiamo già accennato: dalla flat tax sulle partite Iva alle cedolari sugli affitti, è ancora il centro-destra a condurre le danze.

Ma nessun partito è escluso da questo ambiguo gioco. Così, il M5S rimette in pista una nuova versione del cashback fiscale (si spera meno dispendiosa e inutile dell’altra); Leu difendere alcuni sconti fiscali (quelli su spese sanitarie e altre spese sociali) dalla possibilità (per chi ci crede…) di un riordino complessivo delle agevolazioni fiscali (vedremo…). Italia Viva si concentra, giustamente, sul riordino della tassazione del risparmio. E il Pd prova a imporre che nei futuri tagli e riordino dell’Irpef e delle sue aliquote i vantaggi maggiori vadano ai redditi medio-bassi.

Ecco il menu di un improbabile manuale Cencelli del fisco.