Controlli e liti

Lotta all’evasione più severa senza colpire gli onesti

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di Salvatore Padula

Tornare a parlare di contrasto all’evasione fiscale è positivo. Per dire se diventerà anche utile dovremo però aspettare un po’ di tempo. L’avvio di una sorta di coordinamento dei soggetti impegnati a vario titolo nel contrasto al sommerso fiscale – qual è la Commissione consultiva tra ministero, agenzie fiscali e Guardia di Finanza che ieri si è riunita per la prima volta – può rappresentare un’opportunità importante. A condizione che ciò possa diventare il primo passo per mettere a punto un piano, una vera e propria strategia di ampio respiro – che dovrà certamente ottenere l’imprimatur della politica – per cominciare a scalfire quell’enorme zona grigia dell’economia (illegale) che continua a intaccare le capacità di crescita competitiva del Paese e a generare distorsioni e iniquità tra gli operatori.

I numeri sono noti ma, come sempre, fanno impressione: nella sua ultima «Relazione sull’economia non osservata e sull’evasione fiscale e contributiva» il ministero dell’Economia ha quantificato il tax gap (ovvero le imposte effettivamente non pagate, riferite al 70% circa di tributi e contribuiti di datori di lavoro e lavoratori) in più di 108 miliardi di euro, di cui oltre 10 di contributi. Il tax gap sul totale delle imposte è quindi ancora più elevato, forse 130 se non addirittura 140 miliardi di euro.

Ora, di fronte a questa fotografia non ci si può accontentare del basso profilo seguito finora. Questo, forse, questo è il vero problema: il nostro paese non ha mai conosciuto, e non conosce oggi, una strategia organica e strutturale di contrasto all’evasione.

Si sta puntando molto sulla compliance, sul “cambia verso”, il che è positivo. Ma per il resto, se si guarda agli ultimi 8-9 anni, è un tira e molla tra strumenti (e approcci) vecchi e nuovi che vengono prima enfatizzati e poi nei fatti abbandonati, come ad esempio ricorda la vicenda del redditometro.

Al contrario, e anche gli ultimi interventi della legge di Bilancio sembrano purtroppo andare in questa direzione, le azioni per recuperare imposte e tasse non pagate sono prevalentemente viste più come lo strumento per rispondere a esigenze di bilancio (trovare gettito) che non come l’occasione per affrontare in modo serio e coerente il tema della legalità e dell’equità del sistema.

Con un’aggravante, che non ci stancheremo mai di ribadire. Perché la conseguenza di questo modo di procedere un po’ schizofrenico che guarda solo alla cassa, purtroppo, la conosciamo bene: la lotta all’evasione è sacrosanta, ma in questi anni si è avuta la netta sensazione che a pagarne il prezzo – in termini di maggiori costi di adempimento, di maggiore complessità e di maggiore incertezza del sistema – siano stati i contribuenti. Naturalmente quelli onesti, se è vero che le statistiche sul sommerso fiscale – almeno non quelle ufficiali – non indicano affatto un suo arretramento, ma anzi una spietata tendenza al rialzo.

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