Imposte

Manovrina/2 - Transfer pricing, il prezzo «guarda» al valore determinato in libera concorrenza

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di Andrea Musselli

Il decreto legge 50/2017, appena convertito in legge dal Parlamento, ha introdotto una serie di ritocchi alle regole sul transfer pricing.

Le modifiche previste dal D 50/2017 sono:

• la sostituzione legislativa del valore normale col prezzo di libera concorrenza;

• una procedura (si spera) accorciata per evitare la doppia tassazione di gruppo;

• la facoltà con decreto del ministro dell’Economia e delle Finanze di dettare linee guida conformi alle migliori pratiche internazionali.

Ma partiamo dal primo punto. Da più di quaranta anni si nota come il valore normale per la tassazione dei redditi non sia concetto pienamente applicabile al transfer pricing. Tuttavia, col tempo, la dottrina, la giurisprudenza e la stessa amministrazione finanziaria hanno concluso che il valore normale del transfer pricing dovesse essere interpretato con quanto “suggerito” dall’Ocse in materia.

Il diritto “vivente” italiano, anche prima del decreto legge 50/2017, considerava il valore (normale) di transazioni infragruppo come «condizioni che avrebbero stabilito imprese indipendenti in circostanze simili» (prezzo di libera concorrenza in stile Ocse).

La nuova disposizione (articolo 110, comma 7 del Tuir) perciò adegua la lettera della legge alla norma già vigente per via interpretativa. Rispetto al principio che ritroviamo in decine di Trattati internazionali stipulati dall’Italia e anche da altri Paesi il nuovo testo del Tuir aggiunge ai prezzi che avrebbero stabilito parti indipendenti in circostanze simili, l’inciso «in condizioni di libera concorrenza»; tuttavia questo non può significare che il regime degli scambi infragruppo sia sempre quello di “concorrenza perfetta” perché per il principio di libera concorrenza se un’impresa associata detiene un bene immateriale che le consente una situazione di monopolio essa è titolata a ricevere l’extraprofitto derivante dalla concessione in uso del bene ad altra impresa di gruppo.

Il significato da dare all’inciso menzionato è che il prezzo deve essere il frutto di negoziazione come avvenisse tra parti indipendenti, ognuna alla ricerca del suo massimo profitto, date le circostanze economiche.

Per quel che riguarda il secondo punto, la possibilità di avere una diminuzione del reddito all’impresa italiana di gruppo viene ampliata ai casi di cooperazione internazionale condivisa e di una domanda, regolata da un provvedimento dell’agenzia delle Entrate, per rettifica definitiva estera in aumento (in uno Stato con adeguato scambio di informazioni) conforme al principio di libera concorrenza (nuovo articolo 31 quater del Dpr 600/73).

Soprattutto quest’ultimo aspetto va nella giusta direzione di proporre un’alternativa, si spera più rapida, alle lunghe procedure amichevoli previste dai Trattati internazionali; tuttavia la modifica lascia intatta la situazione “sostanziale” delle imprese, che nei due casi citati evitano la doppia tassazione di gruppo solo se entrambi gli Stati, Italia e Paese estero ove è avvenuta la rettifica in aumento, condividono le rettifiche. Il che può non avvenire perché ciascuno Stato tende a tutelare le proprie entrate. Ben diversa è, invece, la situazione ove la soluzione della doppia tassazione di gruppo sia un diritto dell’impresa italiana quando accordi internazionali, come quello tra Paesi dell’Unione Europea o come in futuro (si spera) la recentissima Convenzione multilaterale Ocse, prevedano che un arbitro imponga agli Stati la soluzione se gli stessi Stati non trovano l’accordo.

Sul terzo fronte, infine, c’è la possibilità che con decreto ministeriale siano dettate linee guida sul transfer pricing in base alle migliori pratiche internazionali (nuovo articolo 110, comma 7 del Tuir).

Nel passato, la normativa e la prassi italiana hanno trattato la materia con grande cautela (infatti le circolari ministeriali propriamente “italiane” sui criteri di valutazione risalgono addirittura al 1980-1981) per non discostarsi dalle linee guida internazionali, da accogliersi integralmente per via interpretativa. Ora si cambia politica e la possibilità astratta di avere linee guida “italiane”, seppur ancorate alle migliori pratiche internazionali, diventa una eventualità. Vedremo se e come sarà sfruttata questa facoltà.

A prescindere dalle modifiche del decreto legge 50/2017, con il progetto Beps (erosione della base imponibile) sempre dell’Ocse, il principio di libera concorrenza ha subito un’importante “mutazione” , ed è attualmente orientato a dare maggiore importanza nella localizzazione dei redditi transnazionali a dove è impiegato il personale che svolge le varie funzioni economico-aziendali, soprattutto se relative agli immateriali, rispetto a dove è l’impresa che mette in gioco il capitale di rischio.

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