Controlli e liti

Sequestro, «minimo vitale» anche per l’imprenditore

La Cassazione interviene sul limite non vincolabile in caso di misure cautelari

di Laura Ambrosi

Anche all’imprenditore, al professionista e alle loro famiglie, al pari di quanto previsto per il dipendente, in occasione di un sequestro, va assicurato il cosiddetto minimo vitale. A tal fine è necessario che l’interessato dimostri la situazione patrimoniale e reddituale onde valutare il limite non vincolabile rispetto al sequestro operato. Ad affermarlo è la Cassazione con la sentenza n. 795 depositata il 13 gennaio.

Nei confronti di un commercialista veniva eseguito un sequestro per equivalente per l’asserito concorso in reati tributari. Secondo l’indagato il sequestro dei conti lo privava delle risorse necessarie alla vita e alla prosecuzione dell’attività professionale, per la quale doveva remunerare dei collaboratori. La Cassazione ha ritenuto che dai principi di proporzionalità e solidarietà sociale, e da ragioni di coerenza rispetto ad altri soggetti (dipendenti e pensionati), sia desumibile la sussistenza anche nei confronti di imprenditori e professionisti di un limite all’ammissibilità del sequestro. Non si tratta però di un valore oggettivamente determinabile in quanto l’interessato deve documentare la propria richiesta. Nella specie, il professionista aveva necessità di ricevere i pagamenti dei clienti e disporre di liquidità per l’attività.

Per i giudici di legittimità, però, tale esigenza si può soddisfare con l’apertura di un altro conto ove far confluire i nuovi incassi. La decisione è interessante per il principio di tutela affermato e perché non di rado le banche, una volta noto il sequestro, sconsigliano l’apertura di nuovi conti. Resta il problema della legittimità dell’apertura di un nuovo conto allorché la misura cautelare non sia stata eseguita del tutto perché sui conti non è stata rinvenuta liquidità sufficiente.

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