Controlli e liti

Misure cautelari anche per presunzioni tributarie

Secondo la Cassazione la sussistenza di indizi deve essere però oggettiva, priva di lacune probatorie

di Laura Ambrosi e Antonio Iorio

Nei reati tributari non si può far riscorso alle presunzioni tributarie che comportano l’inversione dell’onere probatorio in quanto sovvertono il principio di presunzione di innocenza dell’imputato. Tali presunzioni possono, invece, avere rilevanza ai fini dell’adozione di misure cautelari reali essendo sufficiente, in detta sede, l’oggettiva sussistenza indiziaria del reato. A fornire questi interessanti principi è la Cassazione sezione 2 penale, con la sentenza numero 1083 depositata ieri.

Il Gip rigettava la richiesta di sequestro preventivo della Procura, nei confronti del rappresentante legale di una Srl indagato per dichiarazione fraudolenta con utilizzo di false fatture. Tale rigetto veniva appellato innanzi al Tribunale del riesame che confermava la decisione.Il Tribunale evidenziava l’assenza di prove per sostenere la contestazione di operazioni in parte oggettivamente inesistenti. Nella specie, ad un’azienda operante nel settore dei rottami metallici, la Gdf aveva contestato la sovrafatturazione degli acquisti eseguiti presso ditte individuali.

Secondo l’accusa, i conferitori non avevano la capacità di vendere il quantitativo di beni oggetto delle fatture tenuto conto della tipologia dei mezzi utilizzati per trasportarli e l’inadeguatezza dei locali.

Il Tribunale del riesame rilevava invece che gli investigatori non erano stati in grado di identificare i reali soggetti da cui l’azienda avrebbe acquistato gli ulteriori beni.

Inoltre, non era stato considerato che le società che gestivano la piattaforma di raccolta dei rifiuti, di sovente utilizzavano mezzi propri. L’asserita inadeguatezza della struttura imprenditoriale dei micro fornitori poteva, al più, attestare l’insussistenza soggettiva delle operazioni, ma non anche quella oggettiva, in assenza di qualsiasi analisi delle scorte di magazzino.

Infine, il metodo di calcolo di quantificazione dell’imposta evasa faceva erroneamente riferimento a prezzi medi di vendita delle unità di prodotto, mentre nella specie gli ambulanti potevano praticare prezzi concorrenziali. Avverso tale decisione il Pm ricorreva per Cassazione. I giudici di legittimità hanno confermato la decisione del Tribunale.

Innanzitutto, la Suprema corte ha rilevato che il giudice non può in generale far riscorso nel giudizio penale alle presunzioni tributarie che comportano l’inversione dell’onere della prova, in quanto sovvertono alla radice il principio della presunzione di innocenza dell’imputato. Differentemente, invece, ai fini della cautela reale è sufficiente l’oggettiva sussistenza indiziaria del reato a prescindere da qualsiasi profilo che riguardi la colpevolezza dell’autore. Così in sede cautelare sono sufficienti ad integrare il fumus anche le presunzioni fiscali. Tuttavia, nella specie, dalle indagini non era emerso alcun concreto elemento da cui desumere l’inesistenza oggettiva di parte delle operazioni, non essendovi alcuna prova idonea a smentire la veridicità delle fatture in questione. Ne conseguiva che la discussa rilevanza delle presunzioni fiscali nel giudizio cautelare era del tutto irrilevante, stante la totale assenza di indizi.

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